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Don Winslow: Il Cartello, il libro, poi il film: l'intervista

Nel Cartello Don Winslow confeziona una narrazione noir epica si incrocia alle note dei narcocorridos, le ballate messicane che celebrano i signori del traffico di droga. Un’ipnotica parata di orrori che somiglia a una sfilata di calacas, gli scheletri vestiti a festa per il Giorno dei Morti. A dieci anni da Il potere del cane, Winslow torna a cantare la guerra combattuta da un eroe imperfetto, l’agente della Dea Art Keller, lungo i 3.200 km della frontiera tra Messico e Usa, un parallelo di sangue e di coca.

 Il potere del cane si apriva con il massacro, realmente accaduto, di diciannove tra donne e bambini su una spiaggia messicana. Allora rimaneva nella mente del lettore l’immagine della madre che stringe a sé il figlio cercando invano di proteggerlo dalle pallottole. Quando si alza il sipario su Il cartelloil pianto di un neonato si confonde con il rombo dell’elicottero che sta per stanare un drug lord da un villaggio. Com'è stato riprendere le fila del romanzo precedente?

Naturalmente la scena di apertura del Cartello doveva servire da ponte con Il potere del cane, in modo da dare un senso di continuità e dire che anche nella guerra alla droga le vittime rimangono le stesse. Mi occorreva riportare Art Keller al punto in cui l’avevo lasciato nel primo libro. Anch’io, come scrittore, ho provato una sensazione simile: dopo un periodo di pausa in cui ho scritto altro, mi sono ritrovato nei territori battuti durante il lavoro di ricerca e di stesura del Potere del cane. Ho provato sensazioni ambivalenti, nel ritornare a quel mondo con cui pensavo di avere chiuso, e che pensavo avesse chiuso con me, dopo il primo romanzo. Da un lato non volevo tuffarmi di nuovo nella violenza e nel dolore; dall’altro pensavo di potere aiutare in qualche modo i lettori a comprendere quanto è accaduto in Messico in questi anni. Quando sono ritornato, mi è sembrato di non essermene mai andato. Ed è ancora lo stesso: quelle storie, quelle immagini, sono con me ogni giorno.

Quando uscì Il potere del cane lei disse che ambientare una trama in una realtà così complessa aveva richiesto dieci anni di ricerche. È stato così anche per Il cartello?

In questi anni il mondo del narcotraffico è molto cambiato, si è arricchito di strutture militari e di intelligence, per cui il focus della storia si è allargato al punto da richiedere una grande quantità di nuove ricerche. Ho steso una cronologia degli avvenimenti per il periodo 2001-2004: un documento di 150 pagine a spaziatura singola, cui vanno aggiunti gli atti processuali, i rapporti di polizia, gli articoli di giornale e, naturalmente, le interviste e le conversazioni. Ho scelto di aprire il romanzo con l’elenco dei giornalisti assassinati o "scomparsi" in Messico in questi anni per rendere onore al loro coraggio. Questa è la grande storia mai raccontata delle guerre alla droga in Messico. I cartelli e gli altri poteri costituiti sapevano di dovere controllare non solo gli eventi ma anche la loro narrazione. Così hanno corrotto, minacciato e ucciso coloro che cercavano di raccontare una storia diversa.

La 20th Century Fox ha vinto un’asta per l’adattamento cinematografico sia per Il potere del cane sia per Il cartello. Dietro la macchina da presa si siederà Ridley Scott, mentre il volto di Keller potrebbe essere quello di Leonardo DiCaprio. Si immaginava così il suo eroe?

Mi entusiasma sapere che sono al lavoro questi due grandi nomi, cui aggiungo quello del mio caro amico Shane Salerno, autore delle sceneggiature e profondo conoscitore del mondo dei cartelli messicani. Leonardo è un grande attore, naturalmente, e sarà un Keller superlativo. Anche se quando faccio agire i miei personaggi, non li visualizzo mai con il volto di un attore o di un altro. Certo, come ogni scrittore della mia generazione sono stato influenzato dal cinema e ho una scrittura che viene spesso definita “cinematografica”, cosa che prendo come un complimento.

Per chiudere con una curiosità personale: ha mai visto Breaking Badla serie TV noir ambientata proprio sul confine del narcotraffico, fra Usa e Messico?

Certo che sì. Adoro quella serie e ho passato molto tempo ad Albuquerque, dov’è ambientata. Prima parlavo dell’importanza del cinema per gli scrittori di crime, ma vale lo stesso per la televisione. The Wire, I Sopranos, Breaking Bad e True Detective sono esempi perfetti di narrazioni importanti dal punto di vista sociale e culturale. Oggi abbiamo a disposizione tante piattaforme che si ispirano a vicenda: è un ottimo periodo per essere uno scrittore di crime.

Il cartello, il libro  

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Adan Barrera, capo del cartello della droga più potente del mondo, è rinchiuso in un carcere degli Usa in isolamento. Art Keller, l'agente della Dea che lo ha arrestato dopo avergli ammazzato il fratello e lo zio, vive nascosto in un monastero. Ma quando Barrera riesce a farsi trasferire in un carcere messicano e a riprendere le redini del cartello, la guerra della droga riparte con una brutalità senza precedenti. E anche Keller è costretto a tornare in azione...

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Il potere del cane (il prequel del Cartello)  

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Nel mondo feroce del narcotraffico tra Usa e Messico, si scatena una guerra senza esclusione di colpi che coinvolge sicari, politici corrotti, servizi segreti e la mafia. Una guerra dove è sempre in agguato il male assoluto, quella demoniaca crudeltà di uomini e cose cui una millenaria tradizione ha dato un nome evocativo quanto misterioso: il potere del cane.

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