Nella visione dell'uomo planetario, la giusta forma religiosa e culturale è quella in cui essa da orizzonte che tutto chiude, diventa semplice punto di appoggio e di orientamento per la ricerca di una nuova dimensione dello spirito. In questa impostazione il diverso non è più una minaccia, è un frammento arricchente nella ricerca della composizione del tutto. Per questo il rapporto con l'Altro rappresenta la potenzialità obiettiva di forme umane più alte, in cui le culture si comprendono l'una con l'altra, in cui le alterità non si annullano né si assimilano ma trovano la loro sintesi in una nuova identità culturale che le trascende senza venir meno alle loro memorie storiche. "L'Alterità", scrive l'autore, "è il veicolo della nostra dilatazione, perché comprendendo l'Altro che è in me ed è fuori di me io dilato me stesso, rimanendo altro dall'Altro che ho compreso". L'altro che è in noi è quindi l'uomo del futuro, l'uomo "inedito", l'uomo "possibile" che ancora non è ma che sarà e di cui già oggi sembrano spuntare, qua e là, i germogli.