"Blue nights" sono le ore lunghe e luminose della sera che a New York preannunciano il solstizio d'estate, "l'opposto della morte del fulgore, ma anche il suo annuncio". Sono passati sette anni da quando Joan Didion e John Gregory Durine festeggiavano il matrimonio della figlia Quintana Roo nella cattedrale di St. John the Divine in Amsterdam Avenue. Joan Didion ripensa a quel giorno, ai gelsomini del Madagascar nei capelli di Quintana, al fiore di frangipani tatuato sulla spalla. I ricordi rievocano istantanee dell'infanzia di Quintana: Malibù, la scuola di Holmby Hills, la California Meridionale e le sue stagioni "che arrivano in modo così teatrale da sembrare colpi di un destino inatteso". I ricordi spingono Joan Didion a interrogarsi sul suo essere madre, ora che la figlia non c'è più. A rileggere ogni singolo evento della vita di Quintana alla ricerca di segni che forse non aveva voluto vedere. A fare i conti con la propria, inaspettata vecchiaia. Come "L'anno del pensiero magico", "Blue nights" colpisce per la precisione chirurgica con cui parla del dolore.
La nostra recensione
Il 2009 è stato l'anno terribile della scrittrice: prima la morte improvvisa del marito, raccontata in un libro che ha commosso lettori di tutto il mondo, "L'anno del pensiero magico", poi la malattia fatale della figlia, morta l'anno successivo. Sulla nuova devastante perdita ha scritto questo memoir di elaborazione del lutto, in cui ripercorre senza mai cadere nell'autocommiserazionei momenti più intensi del suo rapporto con Quintana, fin da quando le telefonarono che era nata una bambina disponibile per l'adozione e lei e il marito se ne innamorarono immediatamente.
Ma le perdite strazianti non sono l'unica fonte di smarrimento per l'autrice settantacinquenne, che deve fare i conti con la fragilità della vecchiaia: "La paura non è per ciò che è andato perso, già chiuso dietro porte sbarrate. La paura è per ciò che c'è ancora da perdere.! S'intuisce che la sua tenace personalità vacilla nel timore di perdere anche i ricordi, ultima ragione di vita.
Daniela Pizzagalli