Un medico è perseguitato da un profondo senso di colpa. La sparizione volontaria di sua figlia lo getta nella disperazione: il segreto che si porta dietro da tempo potrebbe essere il motivo dell'allontanamento della ragazza. Ma come è possibile che lei sia a conoscenza del suo tormento? E come mai non ne ha mai parlato con lui? Testimone di questa forte tensione famigliare una portinaia, il cui padre fu deportato in Germania e per questo particolarmente sensibile all'umano soffrire. Nel triangolo tracciato dai tre protagonisti attorno al quale gravitano tutti gli altri personaggi - si snoda una vicenda fatta di reticenze e silenzi. Il romanzo, nel dipanarsi della ricerca ora goffa ora ansiosa del padre sulle tracce labili della figlia scomparsa, esplora quelle zone grigie dell'anima e della società, gli umiliati e offesi, per le quali il nostro tempo ha sempre meno attenzioni.
La nostra recensione
“Si è soli con tutto ciò che si ama”. Si apre così, o per meglio dire: si annuncia con questa citazione dai Frammenti di Novalis il misurato e sensibile romanzo di Junio Rinaldi. Una disperanza che nella sua ancipite valenza - una più morbida apertura e una dolente frattura dell’animo - è quella che avvolge Giacomo Fontana nel confrontarsi con l’inaspettata improvvisa e intollerabile fuga della figlia. Un padre disorientato di fronte a una scelta secca e volontaria, motivata da un episodio che emerge a poco a poco e si insinua nella sua vita con gli aculei della colpa. Nelle atmosfere a volte limpide a volte spesse fin da sembrare solide, muraglie inconfessate che sbarrano la via, la ricerca della figlia diventa per Giacomo un’occasione per fare i conti con la solitudine che scandisce relazioni e legami attorno a lui. Rinaldi riesce però ad aprire con grande sensibilità anche squarci di contatto col passato e con il futuro attraverso immagini dense di evocativa nostalgia o di fervida attesa, perché l’improvvisa solitudine di Giacomo (la morte della moglie e la fuga conseguente della figlia) spezzano il suo equilibrio, quell’illusorio eterno presente anestetico e fatalista che finora lo aveva sorretto. Ora, incrociando personaggi che gli si avvicinano o a cui si avvicina senza mai un vero contatto (il cognato, il preside del liceo, la portinaia e l’ispettore che anni prima accertò il suicidio della moglie, l’amico Mario), Giacomo si sente finalmente padre, percepisce cioè quell’interiore consacrazione che lega padri e figli ma anche l’ineludibile eventualità del distacco. In Disperanza Rinaldi scalfisce a poco a poco la materia narrata, facendo apparire gradualmente volti, profili e contorni dei personaggi fino a schiudersi in un orizzonte arioso. Questo incessante disvelamento è ottenuto, tra l’altro, con uno stile essenziale ed equilibrato e con lampi di tensione che ricordano alcune pagine del miglior Dürrenmatt. Antonio Strepparola