"Gustin era un uomo senza fede ma, a quarant'anni, venne folgorato sulla via di Erto. Gli uomini non hanno pace, non riescono a stare tranquilli. Cosa li tormenta? Molti scalano la carriera, altri le montagne per vie pericolose. A volte, in questa pratica, succedono incidenti che portano alla morte, altre volte accadono episodi ridicoli, spassosi. Qualcuno sentenzia che la natura gioca brutti scherzi, invece la natura non reagisce, non si vendica. Se ne sta lì, impassibile."
Testimone e superstite di un mondo arcaico, in cui luomo era parte integrante e rispettosa della natura, Mauro Corona è approdato al secondo millennio dopo una vita travagliata, dopo la tragedia del Vajont, grazie a una sua filosofia dellesistenza che sa cogliere in ciò che spesso ci rifiutiamo di vedere, o guardiamo superficialmente, un senso profondo che non solo aiuta a tirare avanti, ma consente anche che ciò avvenga con gioia. I profondi silenzi dei boschi in inverno, il fruscio dei ruscelli, la compagnia di autentici amici, la volontà di realizzare realizzando se stessi sono fondamenta inalienabili che reggono solidamente la debole struttura dellesistenza, una scelta di vita non scevra di difficoltà, ma capace di infondere gioia e speranza. Con questa raccolta di racconti Mauro Corona si avvicina ulteriormente alle scelte narrative di un altro grande montanaro, Mario Rigoni Stern, con la capacità, parlando di se stesso, di parlare di tutti gli uomini, dei loro sogni, delle loro paure, delle loro aspirazioni. Sono venti prose, una più bella dellaltra, venti memorie di un tempo che è stato e che probabilmente ma più ritornerà, e in cui la natura è al centro dello svolgimento, perché anche dove sembra che il dominus sia luomo alla fin fine questi non è che un attore che interpreta una parte che al più è da spalla della protagonista, dellassoluta bellezza del creato, delle notti stellate, dei picchi assolati, delle distese di mughi. Non intendo svelare nulla, ma Corona è capace con quella semplice naturalezza che è propria della poesia di toccare le corde del cuore, non di sfiorarle, bensì di pizzicarle, affinché abbiamo lopportunità di riscoprire in noi quellintima bontà che la furia del progresso pare avere cancellato.
E se alcune prose possono apparire meno interessanti, come quelle relative ad alcune sue scalate, dico solo di leggerle con attenzione, perché si finirà con lo scoprire che dietro lindomito alpinista esiste luomo, a tratti spavaldo, più spesso timoroso e sempre, dico sempre, estasiato dalla natura.
Temevo che questi racconti, in fondo di vita vissuta, non fossero allaltezza dei suoi romanzi, permeati da una misticità naturale, e invece, con piacere, ho dovuto ricredermi, convincendomi una volta di più che Mauro Corona è uno scrittore di razza, uno di quelli che forse anche nelle opere minori e questa non lo è lascia un segno che non si cancella.
Renzo Montagnoli - 08/07/2014 17:09