Nel corso della sua lunga carriera di affermato critico letterario, Harold Bloom si è spesso soffermato su temi religiosi, accostandosi più volte alla sapienza degli scritti biblici; ora, con "Gesù e Jahvè", queste riflessioni vengono portate esplicitamente in primo piano, in un confronto tra le due figure divine che stanno alla base dell'ebraismo e del cristianesimo. "In tutto il Nuovo Testamento non c'e nemmeno una frase concernente Gesù che sia stata scritta da qualcuno che abbia mai incontrato direttamente il riluttante re dei giudei." E così, in questo libro, sfrutta il suo impareggiabile talento di critico letterario per esaminare il personaggio di Gesù, sottolineando le incoerenze e le contraddizioni disseminate da un capo all'altro dei Vangeli. Esamina inoltre la figura di Jahvè, che ritiene abbia più tratti in comune con il Gesù di Marco che non con il Dio Padre dei cristiani e delle tradizioni rabbiniche ebraiche di età posteriore. Bloom procede quindi nel proprio ragionamento sostenendo che la Bibbia ebraica dei giudei e il Vecchio Testamento dei cristiani sono due libri profondamente diversi, scritti con propositi - politici oltre che religiosi - molto differenti. "Gesù e Jahvè" è una lettura illuminante. E' un'opera di critica letteraria che, cambiando il paradigma delle interpretazioni, mette in discussione e farà riflettere tanto gli ebrei quanto i cristiani. In un tempo in cui la religione è venuta a occupare un posto centrale nella nostra arena politica, la provocatoria conclusione di Bloom, secondo la quale non esiste una tradizione giudaico-cristiana - dato che le storie, gli Dei e persino i testi sacri degli ebrei e dei cristiani sono tra loro incompatibili - potrà spingere i lettori a rivedere tutto ciò che era ritenuto un patrimonio comune delle due fedi.