Un giovane artista, pittore e poeta, si avventura per un ameno sentiero di montagna di un piccolo villaggio giapponese. Lungo il cammino, in un'atmosfera incantata, incontra viandanti solitari, contadini, paesani, nobili a cavallo e ogni specie d'umanità, finché, sorpreso della pioggia, si rifugia in una piccola casa da tè tra i monti. Qui, dalla dolce voce della vecchia tenutaria, apprende la storia della fanciulla di Nakoi, che ebbe la sfortuna di essere desiderata da due uomini e di andare in sposa a quello che lei non amava. Il giorno in cui partì, il suo cavallo si arrestò sotto il ciliegio davanti alla casa del tè e dei fiori caddero come macchie sul suo candido vestito.
Sì, la poesia e la delicatezza del pensiero si respirano in ogni parola, ma la lettura è comunque appesantita da qualcosa di incombente e al tempo stesso di strisciante e indefinibilmente angoscioso che attanaglia e sconcerta, a tratti attrae, ma più spesso respinge, forse anche per quell'ossessione per dettagli inutili, per sofismi esasperati.
Forse è un capolavoro, ma io non sono riuscita ad apprezzarlo e l'ho finito con sollievo, senza riuscire a penetrarlo quanto forse avrebbe meritato. Mea culpa?
Tiziana Mercurio - 22/01/2014 22:38