I papi del '900

Con la Rivoluzione francese è iniziata la lunga stagione dell'inimicizia tra papato e società, in cui la Santa Sede ha difeso il principio di suprema autorità della Chiesa sulla vita collettiva. Nell'Italia del secondo dopoguerra ciò si è tradotto, con il pontificato di Pio XII, in diretto condizionamento dei comportamenti dei cattolici nella vita pubblica. La stagione del cambiamento è aperta da Giovanni XXIII, un papa dalla forte attenzione pastorale che incarna l'equilibrio tra tradizione e innovazione, e più ancora dal Vaticano II che inaugura un nuovo rapporto fra Chiesa e consorzio umano e sfocia in un aggiornamento del cattolicesimo. Questa linea è percorsa anche da Paolo VI, che fa propria la prospettiva dell'innovazione riconoscendo i valori positivi del mondo moderno. Con Giovanni Paolo II la figura del pontefice acquisisce una portata planetaria tanto da assumere una visibilità sociale. Ma il dinamismo di papa Wojtyla, che ha innestato i diritti dell'uomo sulla radice stessa della concezione cattolica della società e rivisitato il ruolo della Chiesa durante il genocidio degli ebrei, significa davvero l'abbandono della tradizione intransigente?

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