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Descrizione
Il corpo docile è quello dei detenuti: addomesticato, sorvegliato. Totalmente dipendente dalla volontà altrui, come quello dei bambini nati in carcere, che, senza colpa, condividono quella delle donne che li hanno messi al mondo. Così è stato anche per Milena, che a Rebibbia ha vissuto fino ai tre anni e, ora che ne ha ventiquattro, ci torna per prendersi cura dei bambini reclusi. Ma da quelle quattro mura Milena non è mai uscita del tutto, incapace com´è di sentirsi sicura nel mondo come nel ristretto spazio di una cella. Solo Eugenio, che ha condiviso il suo stesso destino, sa tutto di lei e negli anni è stato un fratello, un amico, un amante. L´incontro con Lou Rizzi, un giornalista che vorrebbe scrivere dei bambini nati in carcere, farà scoprire a Milena il desiderio. E con esso la paura di abbandonarsi, di liberare l´anima dalla prigione del corpo. Un romanzo struggente, che spalanca le porte di un dramma poco noto e lo racconta con voce densa di umanità.
"Un libro nitido nella scrittura e intenso nei sentimenti".
Corriere della Sera
"Bello e toccante".
Adriano Sofri, la Repubblica
Anche lei, per due anni, ha fatto la volontaria a Rebibbia: è nata in quei mesi la scelta di scrivere questo libro, o lo aveva in testa già da prima?
"Anni fa - stavo ancora finendo il mio secondo romanzo - scoprii che c´erano bambini che vivevano in galera con le loro madri, detenute. La cosa mi colpì molto. Immaginare bambini che nascono e crescono peri primi tre anni della loro vita in un luogo così duro, separato dalla società e deumanizzante, mi ha fatta stare male. Ho pensato che volevo fare qualcosa per loro".
Da un´intervista apparsa su Affaritaliani.it