Il giudice Maremmi muore per mano di balordi. Cosi pare. E i balordi muoiono per mano della 'ndrangheta, che non tollera si disturbi cosi il sonnecchiante prosperare dei suoi affari. Cosi pare. Alberto Lenzi, magistrato scioperato e indolente si coinvolge emotivamente e si avventura nelle indagini. Lo instradano in una diversa direzione le contorte e sibilline parole di don Mico Rota, patriarca della 'ndrangheta, e il fortuito emergere di elementi che conducono a un traffico di scorie radioattive. Scoperto in Aspromonte il deposito, nel tentativo di strozzare la pista muoiono il direttore dei lavori nei cui scavi sono state sotterrate le scorie, il referente che ne ha commissionato lo smaltimento e il proprietario delle vacche contaminate dalle radiazioni. Le tardive intuizioni del giudice meschino fanno emergere una realtà che va oltre la 'ndrangheta...
Calabria, terra tanto benedetta da Dio, quanto quotidianamente maledetta dai suoi abitanti. In un paese a metà tra la costa e il mare, non lontano da Reggio Calabria, si respira l'aspro odore della morte, della connivenza, che ricopre gli spiriti sino quasi ad ottenebrarli. Eppure, quando sembrava non esserci più spazio per la verità e la responsabilità, un essere "meschino" ritorna uomo a tutto tondo, per riconquistare l'amore di un figlio troppo presto abbandonato e, ancor prima, per riconoscere nello specchio una traccia di umanità. Potenti sono i ritratti che l'autore traccia: il protagonista Lenzi, nelle sue debolezze e nella improvvisa rinascita, la vittima Maremmi, nella sua inconsapevolezza e nel suo dolore, l'anziano capobastone, nel suo disprezzo per la "Legge" (da cui cerca comprensione) e nella sua disarmante "amoralità", don Salemi, nell'agonia del suo "errore". Sola arma per non soccombere alla "meschinità" è coltivare la legalità come fattore di cultura condivisa. Unico neo: le figure femminili, abbozzate con piglio maschile e senza alcuna attenzione alla loro psicologia, restano tristemente bidimensionali e scarsamente funzionali alla trama. Si ricava un affresco intimo e realistico della 'ndrangheta, in un panorama letterario che considera le organizzazioni malavitose tendenzialmente aderenti al modello siciliano della mafia.Trascurando la specificità della Calabria e dei suoi figli.
Il giudice meschino
Anonimo - 25/07/2011 18:29
4
Penultima fatica di una scrittore ormai affermato, profondo conoscitore della sua terra, la Calabria ed erede di grandi scrittori come Strati ed Alvaro. La svolta meditata di un giudice indolente che prova a riscattarsi dopo la morte dell'amico-collega. Romanzo asciutto e graffiante. Da non perdere.
Anonimo - 18/04/2012 16:59
Calabria, terra tanto benedetta da Dio, quanto quotidianamente maledetta dai suoi abitanti. In un paese a metà tra la costa e il mare, non lontano da Reggio Calabria, si respira l'aspro odore della morte, della connivenza, che ricopre gli spiriti sino quasi ad ottenebrarli. Eppure, quando sembrava non esserci più spazio per la verità e la responsabilità, un essere "meschino" ritorna uomo a tutto tondo, per riconquistare l'amore di un figlio troppo presto abbandonato e, ancor prima, per riconoscere nello specchio una traccia di umanità. Potenti sono i ritratti che l'autore traccia: il protagonista Lenzi, nelle sue debolezze e nella improvvisa rinascita, la vittima Maremmi, nella sua inconsapevolezza e nel suo dolore, l'anziano capobastone, nel suo disprezzo per la "Legge" (da cui cerca comprensione) e nella sua disarmante "amoralità", don Salemi, nell'agonia del suo "errore". Sola arma per non soccombere alla "meschinità" è coltivare la legalità come fattore di cultura condivisa. Unico neo: le figure femminili, abbozzate con piglio maschile e senza alcuna attenzione alla loro psicologia, restano tristemente bidimensionali e scarsamente funzionali alla trama. Si ricava un affresco intimo e realistico della 'ndrangheta, in un panorama letterario che considera le organizzazioni malavitose tendenzialmente aderenti al modello siciliano della mafia.Trascurando la specificità della Calabria e dei suoi figli.
Anonimo - 25/07/2011 18:29
Penultima fatica di una scrittore ormai affermato, profondo conoscitore della sua terra, la Calabria ed erede di grandi scrittori come Strati ed Alvaro. La svolta meditata di un giudice indolente che prova a riscattarsi dopo la morte dell'amico-collega. Romanzo asciutto e graffiante. Da non perdere.