Josef K. condannato a morte per una colpa inesistente è vittima del suo tempo. Sostiene interrogatori, cerca avvocati e testimoni soltanto per riuscire a giustificare il suo delitto di "esistere". Ma come sempre avviene nella prosa di Kafka, la concretezza incisiva delle situazioni produce, su personaggi assolutamente astratti, il dispiegarsi di una tragedia di portata cosmica. E allora tribunale è il mondo stesso, tutto quello che esiste al di fuori di Josef K. è processo: non resta che attendere l'esecuzione di una condanna da altri pronunciata.
Dimostra la forza e allo stesso tempo la debolezza di un uomo, la caparbietà e l'ostinazione, allo stesso modo l'arrendevolezza.
"l'uomo è in mano alla propria mente"
E' un racconto senza fine.
Il protagonista arrestato improvvisamente e lasciato a piede libero, viene accusato di un qualcosa che non scoprirà né in vita né in morte.
Personaggi e leggi improbabili, luoghi controversi occupano la vita del protagonista che cerca invano affidandosi agli aiuti di chiunque per capire l'accusa e come uscirne salvando l'onore proprio e della famiglia.
Vari livelli di avvocati, giudici, tribunali, di sotterfugi, di possibili scorciatoie che alla fine portano all'angoscia del protagonista oppresso senza colpe e senza spiegazioni morire invano il giorno del suo compleanno per mano di dipendenti del tribunale (o forse).
bambaracilentogmailcom - 24/12/2020 12:04