Nato a Casale Monferrato nel 1935, da ragazzino Giampaolo Pansa vede coi propri occhi la guerra, specialmente quella civile, ma è ancora troppo piccolo per capire. A poco a poco, negli anni, i ricordi acquistano un senso: la razzia contro gli ebrei di Casale, nell'indifferenza dei fascisti ma anche degli antifascisti; l'uccisione di un comunista dissidente nel dopoguerra, la storia proibita delle ritorsioni dopo il 25 aprile. La vulgata resistenziale si scontra con le molte testimonianze che Pansa raccoglie in qualità di giornalista, anche tra i colleghi ex repubblichini incontrati al "Giorno" e poi all'"Espresso". Gli anni di piombo, con il pericoloso mito della Resistenza incompiuta e slogan come "Uccidere un fascista non è reato", lo portano a scontrarsi coi vertici del Pci. Poi è la volta dei romanzi i cui protagonisti sono uomini e donne della Repubblica sociale; finché, con il clamoroso successo del "Sangue dei vinti", esplode il "caso Pansa".