Il 3 agosto 1982 a Casteldaccia viene ucciso il cognato del boss Filippo Marchese, uno dei più sanguinari uomini di Cosa Nostra. Nell'arco di 8 giorni moriranno 15 persone. A ricostruire i delitti e dare un profilo chiaro dei killer e delle vittime è un narratore insolito, un ragazzino di sedici anni, che mischia al lucido racconto degli eventi storici le esperienze di vita quotidiana, la cultura cinematografica e quella letteraria, ma soprattutto lo stretto legame che lo lega al suo amico Antonio. Con un registro preciso ma semplice, l'autore racconta una giovane generazione che vive anni di modernizzazione consumistica, in cui però non tutti sono estranei alle sollecitazioni culturali e ai sogni ribelli dei due decenni precedenti, nonostante il pressante contesto ad alta concentrazione mafiosa.
La Seconda Guerra di mafia comincia già nel 1981, con luccisione del vecchio boss Giuseppe Panno, ma nella prima metà dellAgosto 1982 si concentra il fuoco di fila. Ma non si tratta più di una guerra tra buoni e cattivi. Quello che scoppia alla morte del capo supremo don Piddu Pannu (al secolo Giuseppe Panno, capo della famiglia di Casteldaccia) è uno scontro titanico per il controllo del territorio, è la battaglia tra la mafia vecchia (dei Bontade, degli Inzerillo, dei Badalamenti, dei Buscetta) e la mafia nuova dei Corleonesi di Luciano Liggio, di Bernardo Provenzano, di Totò Riina e di Leoluca Bagarella, ma è anche e soprattutto una guerra per il monopolio dellimportazione e distribuzione delleroina. Siamo di fronte alla prima grande faida di mafia, una prova di forza muscolare e criminale, in un batti e ribatti di vendette.
Spettatori inerti, in un bagno di sangue, gli abitanti vittime (un po' complici) di una surreale guerra di bande.
Spettatore anche lo Stato, con il prefetto Dalla Chiesa lasciato a combattere una situazione sempre più pericolosa, con strumenti inefficaci.
A ripercorrere quei dieci giorni d'agosto di scirocco e di sangue, il giovane protagonista, studente che aiuta lo zio titolare di un caffè di Casteldaccia. Il suo sguardo, ad un tempo attento e sconcertato, tra il disinteresse dei coetanei, le legittime evasioni giovanili e la presa di coscienza della necessità di combattere per liberare la propria terra dalla morsa di una mafia che passa, agli inizi degli anni ottanta, dal controllo degli appalti edilizi, ai grandi traffici internazionali d'eroina. Un docuromanzo, dalle forti tinte pulp, che costituisce un prezioso documento storico per la dettagliata documentazione degli eventi, oltreché umano, che si pone fuori dalla classica e monotona pubblicistica accademica così come dall'ambigua narrazione di certa televisione e cinematografia.
gianfrancoscavuzzo - 16/10/2013 20:18