Quanto le guerre e gli odi nazionalistici possono creare una profonda tana d'odio nel cuore delle persone? Quanto possono cambiare, anche a distanza di anni, i progetti e le esistenze di chi ne è stato vittima? Giuseppe Vergnani, che un tempo si chiamava Jusuf Samirovic, è un giovane medico adottato da una coppia italiana, dopo essere sopravvissuto alle atrocità delle guerre che portarono alla divisione nella ex Iugoslavia. La sua crescita e la consapevolezza umana, di persona profondamente ferita, passano attraverso la riscoperta delle proprie radici, divenuta, a un certo punto della sua vita, necessaria. Per ritrovare pienamente se stesso, Peppe torna sui luoghi in cui ha visto, bambino, i genitori massacrati da un odio assurdo quanto violento. La riscoperta di sé e il bisogno di fare verità sugli assassini, lo trascinerà dentro un vortice di passioni in cui amore, odio, tenerezza e vendetta si daranno appuntamento in un unico e fatale luogo. Un romanzo forte, etico, dalle cupe tinte shakespeariane e con un finale che è un inno alla speranza e alla memoria. "L'odio dorme in una tana di neve. Temi ogni giorno che si leva il sole".
Qualcuno ha parlato di Terza guerra civile europea del Novecento (dopo la Prima e la Seconda guerra mondiale), ma lo scontro che si è avuto a pochi chilometri da noi, almeno in linea daria, ci sembra lontanissimo: lAdriatico (che gli scafi di disperati albanesi attraversavano come se nulla fosse) pareva essere invalicabile. E così sappiamo ben poco dei massacri, delle violenze brutali contro la popolazione civile inerme, dei villaggi in cui non è stata risparmiata una sola vita. Lopinione pubblica italiana è stata sicuramente più colpita dalla distruzione dei gioielli architettonici di Ragusa-Dubrovnik o del ponte di Mostar che dallimpressionante numero di morti delle operazioni belliche e, soprattutto, della pulizia etnica. Forse perché in quella zona, tanto vicina geograficamente eppure tanto diversa, percepita come tanto lontana, gli scontri si sono sempre avuti: quasi alla periferia dEuropa, la Iugoslavia non è mai stata decisiva per le sorti del continente (quasi non si ricorda che lImpero Turco conquistò Belgrado, mentre tutti si spaventano allidea che Vienna, che dista da quella città come Roma da Milano, sia stata posta due volte sotto assedio ottomano).
È necessario allora non un saggio storico, ma un romanzo per farci penetrare, al di là delle fredde cifre, nella barbarie di quella guerra in cui la differenza sta nei kalashnikov, cioè nella più raffinata tecnica distruttiva che permette accelerare il piano di pulizia etnica. Ed il romanzo di Giovanni DAlessandro che già aveva affrontato in altre opere il dramma della guerra visto dagli occhi dei singoli (si trattasse della guerra gallica o dellultimo conflitto mondiale) parte dalle vicende di Giuseppe Vergnani, giovane medico in una città lombarda con la passione della montagna, per calarci nella realtà degli scontri nella disfacentesi ex repubblica socialista di Tito. Giuseppe cerca di nascondere un elemento del proprio passato che, per quanti sforzi faccia, non riuscirà a sopire: venti anni prima era sfuggito, unico membro della sua famiglia, ad un massacro perpetrato dalle milizie serbe ed era stato adottato da una coppia di Italiani. Tornato per la prima volta in patria per unascensione alpina, non riesce a resistere al richiamo di andare a visitare il suo villaggio natale, a rendere omaggio alle tombe dei suoi parenti, ad iniziare una inchiesta per capire chi aveva compiuto quellorribile carneficina di cui era stato testimone oculare e dalla quale si era quasi miracolosamente salvato. Le ricerche porteranno ad una inattesa soluzione, ma attenzione: non si tratta di un romanzo giallo o storico, bensì di un romanzo psicologico, con uno scavo nella coscienza umana, nelle passioni e nei sentimenti di un ragazzo traumatizzato divenuto un uomo che vorrebbe dimenticare un passato, ma che non può sottrarsi ai richiami ancestrali del passato della sua stirpe. DAlessandro, autore profondamente cattolico, ci accompagna attraverso i meandri della violenza subita e del desiderio di vendetta per offrirci un finale di speranza che ridona al protagonista (ma anche al lettore) la gioia di vivere.
Gianandrea de Antonellis - 30/05/2013 10:04