Salvatore è nato quando in pochi conoscevano il nome della sua isola: un luogo di frontiera posto alla fine del mondo, con il mare blu e la terra arsa dal sole. E cresciuto sulle barche, vicino alle cassette di alici, con lo sguardo nell'azzurro, sopra e intorno a lui. Forse è lì che tutto è cominciato, tra ghirigori nell'acqua e soffi nel vento. Di sicuro è lì che ha conosciuto Giulia, anche se lei vive a Milano con i genitori emigrati per inseguire lavoro e successo. Da sempre Giulia e Salvatore aspettano l'estate per rivedersi: mani che si intrecciano e non vogliono lasciarsi, sussurri e promesse. Poi, d'inverno, tante lettere in una busta rosa per non sentirsi soli. Finché, una mattina, nell'estate in cui tutto cambierà, Giulia e Salvatore scoprono il corpo di un ragazzino che rotola sul bagnasciuga come una marionetta e tanti altri cadaveri nell'acqua, affogati per scappare dalla fame, dalla violenza, dalla guerra. Gli sbarchi dei migranti cominciano e non smettono più. L'isola muta volto, i turisti se ne vanno, gli abitanti aiutano come possono. Quando Giulia torna a Milano, il filo che la lega a Salvatore si allenta. La vita non è più solo attesa dell'estate e amore sincero, corse in spiaggia e lanterne di carta lanciate nel vento. La vita è anche uno schiaffo, un risveglio, la presa di coscienza che al mondo esistono dolore e differenze. Una scoperta che travolge i due ragazzi e che darà valore a tutte le loro scelte, alla loro distanza e alla loro vicinanza.
La nostra recensione
Salvatore è nato su quell’isola innominata - ma facilmente riconoscibile - in un’epoca in cui il sole e il mare raccontavano solo la fatica dei pescatori e la frenesia dei turisti. Ora, il nome di quell’isola è diventato tristemente famoso, associato a sofferenza e disperazione, a sguardi persi nel nulla e nella paura, a corpi portati dall’acqua. In quell’isola Salvatore è cresciuto e ha incontrato Giulia; il loro amore periodico, cadenzato dai mesi estivi che ritornano e che la riportano sull’isola e da Salvatore, si mescola con le prime immagini che diffondono nel mondo il dolore. Li chiamano “migranti”, ma dentro ognuno di loro c’è una storia, un racconto che racchiude tutta la loro vita gettata in mare nella speranza di un futuro. Tra Giulia e Salvatore ancora ragazzi c’era una promessa da rinnovare, non solo d’amore, ma anche che non sarebbe più dovuto accadere quello che hanno visto quel giorno sulla spiaggia. Invece continua ad accadere, sempre più spesso, in modo sempre più drammatico. E così anche nella loro storia sembra rompersi qualcosa come se l’impossibilità di fermare quello strazio impedisca anche a loro di incontrarsi al di fuori di quel loro spazio, di quell’isola che è di chi ritorna e non di chi se ne va. Enzo Gianmaria Napolillo ha scritto un romanzo che non è solo una avvolgente storia d’amore ma è anche un penetrante sguardo nella miseria di un mondo che si crede ricco e civile. Una prova convincente per uno scrittore che sa osservare la realtà e sa raccontarla senza finzioni e senza nascondersi dietro le parole, toccando invece le corde delle emozioni più autentiche, quelle della speranza e della paura. Antonio Strepparola