Con le "Vite di Cimone e di Lucullo", nel testo critico curato da Mario Manfredini e accompagnato dal ricco commento di Luigi Piccirilli, la Fondazione Lorenzo Valla continua la pubblicazione di tutte le Vite di Plutarco. Cimone è uno di quei caratteri "minori", che talvolta Plutarco preferisce ai grandi della storia: dolce, amabile, affabile, così diverso da Temistocle e Milziade e Pericle, che vivono contemporaneamente nella storia e nel mito. Il fascino della Vita di Lucullo sta soprattutto nei fondali, che Plutarco dipinge - lui, il biografo - con una tecnica da grande affrescatore: quest'Asia barbarica ed ellenizzata, i paesaggi della Turchia di oggi, i caratteri abbaglianti e sinistri di Mitridate e di Tigrane, l'efficienza disumana e la crudeltà e l'indisciplina dell'esercito romano. Su questi fondali vediamo consumarsi la tragedia di Lucullo: l'aristocratico elegante e ironico, il grande generale, che supplicando e pingendo cerca di far combattere i suoi soldati, dai quali viene invece insultato e sbeffeggiato. L'ultima parte della Vita dà l'impronta definitiva alla tragedia di Lucullo. Niente è più toccante del suo affondare nelle frivolezze e nei piaceri: Plutarco finge (o immagina) di condannarlo; ma, in realtà, da artista consumatissimo, gioca di ombre e di luci, evocando un personaggio meraviglioso. Edizione con testo a fronte.