La filosofia si è sempre presentata nella sua storia come il discorso ragionevole (logos) che si oppone all'insensatezza e alla violenza. Gli orrori del Novecento ha messo in crisi questa immagine rassicurante, non solo perché hanno mostrato la scarsa efficacia di ogni appello alla ragionevolezza, ma ancor più perché hanno rivelato come la ragione stessa possa mettersi al servizio della violenza e della barbarie. La filosofia è stata così costretta a riconoscere che la violenza non è semplicemente ciò che la minaccia dall'esterno, ma qualcosa che appartiene come possibilità alla sua stessa natura. Questo libro s'interroga sul modo in cui la filosofia si è posta il problema della violenza fuori e dentro di sé, sul ruolo che il cristianesimo ha svolto all'interno di questo dibattito e, infine, sulla possibilità di dar vita a un sapere che, pur riconoscendo la propria matrice violenta, non rinunci tuttavia all'impegno della testimonianza e della denuncia.