Dopo un'infanzia spensierata trascorsa nelle tenute di famiglia e ottimi studi in collegi svizzeri e italiani, Paolo Brichetto Arnaboldi, nobiluomo milanese, oggi ottantaseienne, fu chiamato alle armi nei primi mesi del 1943. Con la caduta del fascismo, come tanti altri soldati e cittadini, riparò in Svizzera, dove si mise in contatto con gli esponenti del fuoriuscitismo e con le forze americane e inglesi presenti in territorio elvetico, desideroso di opporsi alla barbarie nazifascista che stava insanguinando l'Europa. "Il paese era stato messo in ginocchio da un armistizio umiliante che gli italiani, terrorizzati dal futuro che appariva oscurissimo, avevano subìto. La gente era affamata, mancavano i generi di prima necessità. In quei giorni senza certezze" ricorda Brichetto Arnaboldi "la patria era il nostro cuore e la nostra mente; era quello che sentivamo e che credevamo giusto. Pensavo anche che, nelle condizioni in cui si trovava l'Italia, chi ne aveva la possibilità dovesse lavorare per il suo avvenire". Insieme a Edgardo Sogno, incontrato in Svizzera nell'aprile del 1944, si adoperò nell'organizzazione Franchi, col nome di battaglia "Poletti", in azioni di sabotaggio, in missioni informative, nella gestione di lanci di armi e approvvigionamenti per le bande partigiane da parte degli aerei alleati. Rimasto vittima di una soffiata durante una missione a Torino, fu catturato dalla Gestapo e dalle SS italiane, e deportato a Dachau. Nonostante le condizioni di vita inumane e disperate, Paolo riuscì a sopravvivere fino all'arrivo degli Alleati nell'aprile 1945, quando, stremato dai lunghi mesi di prigionia, cadde in coma. Ma si salvò miracolosamente e fu decorato con una medaglia d'argento e una di bronzo: riconoscimenti ribaditi solennemente nel giugno del 2006, quando fu ricevuto al Quirinale dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi insieme ad altri combattenti e parenti dei partigiani della Franchi. Dopo oltre mezzo secolo di riservatezza Brichetto Arnaboldi ha deciso di raccontare la propria storia, nell'esclusivo interesse della verità e del recupero di una memoria troppo spesso macchiata da revisionismi ideologici o rimozioni strumentali. In queste pagine ricostruisce le vicissitudini dell'organizzazione Franchi durante la Resistenza e le sue straordinarie avventure personali, quelle di un 'partigiano aristocratico' che ha sempre considerato il suo antifascismo solo un dovere verso la Patria e il frutto naturale delle sue profonde convinzioni liberali.