Questo libro è certamente una "vita" di Moravia, ma non lo è in un senso, per così dire, tecnico. Né è un romanzo sull'esistenza che il narratore de "Gli indifferenti" ha vissuto. E' anzitutto il resoconto in chiave molto personale di un rapporto d'amicizia. Renzo Paris è stato amico di Moravia; e Moravia, come gli era consueto, se sottoposto a domande su quanto aveva vissuto, anche di intimo, non si sottraeva a rispondere, magari con l'estro che un mutamento di umore poteva suggerirgli. Paris ha disteso quei ricordi di conversazione in un racconto d'aspetto biografico, li ha nutriti con una ricerca capillare, condotta presso altri amici, presso conoscenti dello stesso Moravia, andando anche a consultare carte d'archivio o pagine di diari inediti (quello singolarissimo di Leonetta Cecchi Pieraccini, per esempio). Ne risulta una narrazione vivace e provocante, perché Paris non si sottrae a prendere partito, nel presupposto che Moravia abbia necessità di essere difeso, da nemci o persino da qualcuna delle donne da lui amate. Poi, magari, è lo stesso dandysmo di Moravia a mettere in scacco il narratore, quasi a sua stessa insaputa. Ma il tono, il sapore di questo libro, stanno appunto nell'offrire il ritratto di un uomo, anche di una società, dai contorni difficili, perché attraversati da una Storia difficile e amara: il fascismo, la guerra mondiale, la guerra fredda ed equivoci miracoli economici. Una Storia che ha facilitato "una vita controvoglia".