Una giovane madre salvata dal figlioletto e dalla sua pistola giocattolo nella jungla di un centro commerciale. Una coppia rinchiusa in una stanza da bagno durante una festa di fine millennio. L'apparizione della Madonna sul muro sporco di un'officina di carburatorista. La rinascita del mito di Aracne nella vicenda di una donna che sente di avere quattro gambe. Il fantasma di Giordano Bruno che assiste al proprio supplizio mangiando strozzapreti sul terrazzo di un attico ristrutturato di Campo de' Fiori. Una moglie trascurata e il suo sogno di fuga parigina, irriso e beffato, assieme al tastierista di un complesso rock. E, su tutto, l'ambigua allegoria di un quadro di Vittore Carpaccio, "San Giorgio e il drago", e l'ambigua malattia, insieme reale e immaginaria, di un giovanissimo drammaturgo. Né romanzo, né raccolta di testi teatrali, "Il morbo di Pardini" tenta un'operazione forse inedita, quella della trasformazione di una serie di copioni (drammi e monologhi, per lo più rappresentati) in un'opera narrativa. Con risultati di tragicomica eleganza.