"I greci antichi avevano un concetto di musica più ampio del nostro: il termine 'mousiké', connesso alle Muse, non indicava solo l'arte dei suoni, ma comprendeva tutte le attività collegate alle Muse, come la poesia, la drammaturgia, l'arte, la danza, l'astronomia. I poeti lirici, come Saffo e Pindaro, i drammaturghi, come Eschilo, Sofocle ed Euripide, erano anche i compositori delle musiche che accompagnavano i canti e i coreografi delle danze che venivano eseguite durante le rappresentazioni sceniche. La cultura greca antica attribuiva alla musica un significato profondo, legato a concezioni religiose, etico-psicologiche e filosofiche. Secondo Pitagora la musica, come arte dei suoni, esprime l'accordo del molteplice nell'uno, che è la norma della bellezza in generale e in particolare dell'ordine interiore per la vita del singolo e della collettività. La musica era molto usata nella vita dei greci. Durante le feste pubbliche venivano eseguite composizioni corali che avevano nomi specifici: l'imeneo era il canto di nozze, l'inno era il canto in onore degli dei o di uomini eccellenti, il ditirambo era un canto dionisiaco. Il ""De musica"" tratta l'argomento sotto l'aspetto dell'informazione storica e del significato culturale di quest'arte nella Grecia antica. Questa impostazione distingue il trattato plutarcheo da altri scritti sulla musica pervenutici dall'antichità, per lo più limitati a problemi tecnici o teorici. Se pensiamo che della produzione della musica greca antica, che pure fu vastissima, non ci è rimasto quasi nulla, la testimonianza di questo breve trattato di Plutarco diventa la nostra unica fonte su questo argomento, acquistando così un interesse unico ed eccezionale. Edizione con testo a fronte."