Da oltre cento anni sull'esercito italiano grava un fondamentale equivoco: la convinzione che gli scopi per cui fu costituito, organizzato e più volte riformato siano stati unicamente quelli di difendere la nazione e di vincere in guerra. In realtà l'istituzione della leva obbligatoria, una delle prime misure adottate dal Regno d'Italia nel 1861, mette in luce un'altra finalità, meno evidente ma forse più importante: la formazione di un'identità italiana. Fu infatti proprio il regio esercito a realizzare concretamente l'unificazione linguistica, culturale e sociale dei sudditi di una nazione che faticosamente si faceva strada tra lo scompiglio delle rivoluzioni e degli interessi dinastici e assomigliava più che altro a un collage di innumerevoli municipalismi, dove serpeggiavano divisioni e livori in parte di classe, in parte retaggio di una mentalità feudale. Per modellare la nuova Italia la coscrizione si rivelò dunque uno strumento assai più efficace di altre istituzioni, quali la scuola, i partiti politici e i sindacati. Anche se i nostri soldati non sono mai stati particolarmente inclini ad affrontare impavidi il nemico, e nella storia unitaria hanno mostrato soprattutto una vocazione alle ritirate e alle sconfitte memorabili (da Custoza, a Adua, a Caporetto) contribuendo così a diffondere l'immagine degli italiani popolo imbelle e allergico al militarismo, grazie al servizio di leva hanno potuto progredire e forgiare, nel bene e nel male, il loro carattere nazionale. La naja, vero rito di passaggio dalla giovinezza all'età adulta, ha strappato generazioni di ragazzi dagli orizzonti angusti della campagna e della provincia, ha insegnato loro, seppure sommariamente, a leggere e scrivere, affrancandoli dal dialetto, li ha abituati a un'alimentazione completa, ha integrato nella nazione prima le grandi masse contadine, diffidenti e sanfediste, e poi quelle operaie e cittadine, correggendone con pugno di ferro il ribellismo anarchico e socialista. Domenico Quirico, con arguzia e competenza, ripercorre la storia d'Italia attraverso gli umori, le passioni, le umiliazioni e le rabbie dei coscritti, attingendo alle loro storie personali, a testimonianze, a documenti ufficiali, letterari e musicali. Ci introduce nei ritmi di vita della
camerata, rievoca i riti del rancio e delle parate, le regole ferree delle riviste e la "guerra per finta" delle grandi esercitazioni. La caserma, più che luogo di addestramento militare, appare come il luogo in cui si sono "fatti gli italiani", compresi coloro che l'hanno evitata, i "riformati", e le donne, che da madri, fidanzate, mogli, amanti hanno vissuto da vicino le avventure e le sventure del popolo delle reclute. Finché il mondo della naja non è scomparso improvvisamente con l'abolizione, nel 2005, del servizio militare obbligatorio, esaurendo così la sua funzione unificatrice, ma non il suo grande patrimonio di esperienze, che rimane ancor oggi vivo nella memoria di milioni di italiani.