1960. In piena guerra fredda, quando JFK è da poco approdato alla Casa Bianca e quattro ragazzi di Liverpool hanno appena creato un gruppo musicale che risponde al nome di Beatles, una matura insegnante di spagnolo del Vassar College nello Stato di New York decide di trasferirsi a Cuba, dove Fidel Castro e i suoi barbudos vittoriosi si stanno imbarcando nella loro avventura di riforma. Niente lasciava presagire una decisione del genere: la profesora Camila Henriquez Urena è sempre stata schiva di natura, pronta ad accontentare il prossimo, desiderosa di non trovarsi mai al centro delle cose, di nascondere al mondo se stessa e la sua preferenza per le donne. E per lei Cuba significa perdere la pensione americana, lasciare una serie di certezze per affrontare l'ignoto. Ma sono i fantasmi che popolano il suo passato a reclamare la sua presenza: a un braccio di mare dall'isola c'è la natia Repubblica Dominicana e, soprattutto, il ricordo della madre Salomé, che con le sue poesie ne era diventata la musa rivoluzionaria. Una madre e una figlia, una poetessa e un'insegnante. Così si dipanano e si intrecciano nell'arco di tutto il romanzo le vite di queste due donne realmente esistite: l'appassionato racconto in prima persona di Salomé, delle sue poesie che hanno infiammato una rivoluzione, del grande amore per la famiglia, della lotta contro la malattia: la storia di sua figlia, a ritroso nei ricordi fino al ricongiungimento in un ideale comune. E sarà Camila a doversi riconciliare con lo spirito inquieto della madre, a volerne ripercorrere i passi per chiudere degnamente la sua vita nella Cuba rivoluzionaria, nel nome di Salomé.