Non è facile dire perché questo esemplare reportage mi prenda tanto alla gola, lasciandomi un senso d'angoscia e d'indignazione. Forse è per la cruda evidenza del racconto di un testimone che ha passato mesi e anni nel fuoco di una realtà atroce, paurosamente vicina a noi italiani, e insieme immensamente lontana: lo strazio quotidiano della ex Jugoslavia che da troppo tempo si trascina, un'ora dopo l'altra. O forse è per la consapevolezza della nostra assoluta impotenza. O forse ancora per il vigore con cui Zaccaria, ci trasmette in presa diretta la netta sensazione che dietro la sua testimonianza riaffiori tutto il peso di un passato prossimo e remoto, che finisce per sopraffare e stravolgere il presente, e proiettare un'ombra cupa sul futuro. In questo "sabba di fine millennio" tutto precipita nel terrore. I nudi e crudi fatti sono qui, in queste pagine, a dimostrare con inoppugnabile evidenza. Non si fronteggiano eserciti regolari, non si fanno più battaglie campali. Il passo dai primi gesti di barbari alla ritorsione e alla vendetta su larga scala è stato in ogni caso brevissimo. Per questo oggi tocca a tutti gli uomini di buona volontà scuotersi dal letargo, premere con tutti i mezzi a loro disposizione perché gli uomini e le istituzioni di ogni parte del mondo, a cominciare dall'Italia, si decidano a inoltrarsi sulla via dell'azione. Per questo vorremmo che il grido angosciato e documentato di Giuseppe Zaccaria fosse sentito da molti, e li spingesse a fare finalmente qualcosa.