"I promessi sposi" sono una continua parabola della vita e della morte, di questo nostro breve passaggio terreno, una parabola vista quasi sempre dal basso, a ricordare una volta ancora che l'eccezione, l'eccezionalità, in quanto tali sono rarissime e 'romanzesche', mentre l'eroismo del vivere quotidiano va cercato in tutt'altra direzione e in tutt'altri modi. Come subito notava acutamente Pietro Giordani, bisogna diffidare dell' "apparir semplice" di Manzoni: nel suo grande romanzo c'è tutta l'urgenza di un messaggio che da allora rimane vivo e tragico e presente, nell'incomparabile finezza analitica dei protagonisti e delle loro passioni, in una raggiunta serenità che ben si avverte faticosa e precaria anche se a tratti pienissima, nella coscienza di un'amara e misteriosa condizione umana. Un libro straordinario, la cui misura cresce con il passare del tempo: tutta la storia dell'uomo torna ad aprirsi dinanzi a noi, non appena parte il solenne 'largo' dell'attacco: "Quel ramo del lago di Como...".