A Zurigo, un giovane americano in vacanza, Ben Hartman, figlio di un ricco industriale di origini tedesche, rischia di essere ucciso da un vecchio compagno di università che lo aggredisce senza nessuna ragione. Negli Stati Uniti, un'agente di polizia, Anna Navarro, viene incaricata di indagare sulla morte misteriosa, in varie parti del mondo, di undici anziani sui quali negli archivi della Cia esistono fascicoli vecchi di mezzo secolo contrassegnati dalla stessa parola in codice: Sigma. Ben e Anna capiscono di essere entrambi coinvolti in un intrigo mortale, in cui il passato più atroce riprende vita sotto i loro occhi e getta un'ombra minacciosa sul futuro.
Uno dei libri più belli che ho letto!Ludlum è incredibile!
Protocollo Sigma
Tiziano - 25/08/2003 12:00
3/
5
Finalmente un vero thriller! Dopo aver letto ''Io uccido'' di Faletti mi ero intristito, temendo che il genere si fosse ridotto ad un mero esercizio di stile, una sorta di concorso a chi strema di più il lettore nel riuscire a seguire le descrizioni iperdettagliate dell'ultimo modello di tostapane che troneggia nella cucina hightech illuminata a giorno dalle lampade al freon acquistate sul corso principale in quel vecchio negozio gestito dai fratelli Pallino scampati alla guerra del Congo-Belga dove però avevano conosciuto delle suorine dello Zaire, o meglio, una era dello Zaire, l'altra proveniva da un paesino del bergamasco, ma l'accento era simile a quello del Burkina-Faso, quindi...etc.etc.etc.
In ''Protocollo Sigma'' non c'è nessuna caduta del genere. Certo, Ludlum da buon americano, concede ben più di qualche pagina alla descrizione dei luoghi e dei personaggi, ma senza cadere nel fanatismo irritante della leziosità ad ogni costo.
Tuttavia, il romanzo è davvero godibile, in un'altalena di colpi di scena più o meno credibili (qualcuno forse un pò troppo ''tirato per i capelli''), ed una trama che trascina il lettore verso il finale catastrofico e catartico.
Non è un'opera immortale, ma nel suo genere è senza dubbio un'ottima prova di Ludlum. Niente a che vedere con le opere finto-americane dei nostri cari autori nostrani, che pensano che il successo di un libro dipenda dal suo peso in ettogrammi.
Avranno fatto mai caso al fatto che i romanzi di Vasquez Montalban non superano le 200 pagine? Eppure, in tre righe sa regalare un'immagine indelebile, un groppo in gola, un colore sfuggente, un ricordo di una storia mai vissuta...
Anonimo - 23/12/2005 16:19
Tiziano - 25/08/2003 12:00