I romanzi di Orhan Pamuk sono, tra le altre cose, delle dichiarazioni d'amore al romanzo stesso, alla sua tradizione e al suo mistero. Era quindi quasi inevitabile che l'autore del "Libro nero" dedicasse le Norton Lectures, un ciclo di conferenze a Harvard, proprio all'arte del romanzo. Riprendendo le categorie del saggio schilleriano "Sulla poesia ingenua e sentimentale" che, pubblicato nel 1795-96, fu forse la prima lucida formulazione di un'estetica della modernità, Pamuk per ogni romanzo prevede un lettore "ingenuo" e uno " sentimentale": il primo è cosi immerso nella storia narrata da scambiarla con la realtà; il secondo è invece consapevole della natura testuale, fittizia, di ciò che sta leggendo: è un sognatore che sa di star sognando. Il grande mistero del romanzo, il segreto del suo inesauribile fascino, è che non necessariamente questi due lettori devono essere due persone diverse: quello ingenuo e quello sentimentale sono in realtà due momenti, ugualmente necessari, che ogni lettore attraversa leggendo un romanzo. E, analogamente, esiste il romanziere ingenuo, convinto che l'ispirazione gli giunga da "un altrove", e quello sentimentale, consapevole di lavorare all'interno di una tradizione e di ricorrere, in ogni momento, al repertorio del "già scritto". In compagnia degli autori da lui più amati, Pamuk prende cosi per mano il lettore e lo conduce al "centro segreto" di un genere letterario che, dopo tanti secoli di storia, non smette di incantare.
La nostra recensione
Come sarà vincere il premio Nobel? Sicuramente si ricevono un mucchio di telefonate: chi fa le congratulazioni, chi dice "c'avrei scommesso!", chi ti chiede se hai bisogno di un frac... e chi ti invita, per esempio, a tenere un ciclo di Norton Lectures, conferenze che la Harvard University affida alle più prestigiose personalità del mondo dell'arte. Nel 2008, ancora fresco di Nobel, Orhan Pamuk riceve questo invito e sceglie di parlare dell'arte del romanzo, per usare le parole dell'autore: "il mio obiettivo primario è quello di esplorare gli effetti che i libri hanno sui loro lettori, di indagare come lavorano i romanzieri e come vengono scritti i romanzi". L'origine di "Romanzieri ingenui e sentimentali" sta appunto in queste sei lezioni. Le fondamenta su cui Pamuk costruisce la sua riflessione sono mutuate dal saggio "Sulla poesia ingenua e sentimentale" del filosofo e drammaturgo Friedrich Schiller, testo che il nostro autore confessa essere uno dei punti di riferimento costanti del suo lavoro. Il romanziere turco pone l'attività della scrittura e della lettura sullo stesso piano, ciò che invece distingue sono due tipi di lettori/scrittori: da un lato "gli ingenui", cioè i lettori che si perdono nella vicenda raccontata nel romanzo e gli scrittori che creano spontaneamente servendosi solo del proprio talento innato; all'opposto i "sentimentali", lettori consapevoli di leggere una finzione costruita dall'autore e scrittori che lavorano con la piena coscienza dei mezzi narrativi che utilizzano. L'Eldorado si raggiunge realizzando una sintesi equilibrata fra questi due atteggiamenti. Da questa idea portante Pamuk illustra la propria teoria del romanzo argomentando, portando esempi concreti, spiegando e rispiegano quasi nel timore di non essere ben compreso, fino a ipotizzare perché, come esseri umani, abbiamo bisogno di leggere romanzi per poter vivere. Progetto ambizioso portato a termine con magistrale disinvoltura. Su un muro di un liceo mi capitò di leggere: "chi sa fa e chi non sa insegna". Ecco, in questo caso ci troviamo di fronte al miracoloso frangente in cui qualcuno che sa (di romanzi Pamuk ne ha scritti più di dieci) si mette a insegnare. Una lettura interessante, che non smarrisce mai la sua tensione tale è la riflessione e la conoscenza dell'autore circa l'argomento trattato. Un piccolo saggio in sei capitoli dal tono colloquiale, sempre attento a essere divulgativo ma mai banale. Leggere Romanzieri ingenui e sentimentali non dico che sia come entrare in cucina e rubare i segreti del cuoco, però ci si avvicina. Diciamo che è come entrare in cucina e dare un'occhiata agli ingredienti nei pensili. Non è poco. Andrea Tognasca