La schiavitù ha raggiunto paradossalmente la sua massima estensione quando la rivoluzione americana del 1776 e quella francese del 1789 affermarono i principi di libertà e di eguaglianza e ha dimostrato di poter convivere con essi: libertà ed eguaglianza erano riservati a una ristretta élite di proprietari bianchi. Gabriele Turi esamina in questo volume una realtà in gran parte ignorata in Italia. Illustra metodi e dimensioni del commercio degli esseri umani e la diffusione della schiavitù, per poi ripercorrere le tappe che portarono alla loro abolizione: la rivolta degli schiavi di Haiti del 1791, l'emancipazione nelle colonie inglesi (1833) e francesi (1848), negli Stati Uniti (1865) e in Brasile (1888), o nei paesi africani e asiatici ancora nel Novecento. La schiavitù rappresenta una fase storica dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo e non è stata sconfitta del tutto dall'avvento del libero mercato. In una ricostruzione puntuale, basata sull'analisi dei testi ufficiali (leggi, costituzioni, codici, trattati, dichiarazioni di organismi internazionali), Gabriele Turi approfondisce il ruolo dei protagonisti principali di due secoli di storia: l'oblio e la memoria del passato, i movimenti abolizionisti, le rivolte degli schiavi, la funzione economica della schiavitù, i suoi "residui" presenti ancora oggi in alcuni paesi e le nuove forme che essa ha assunto nell'epoca contemporanea (lavoro forzato, servitù da debito, sfruttamento delle donne e dei bambini).