Pubblicato nel 1930, quando Colette da qualche anno ripercorreva in racconto la sua vita dalla parte dell'infanzia e della madre - con "La casa di Claudine" e "La nascita del giorno" -, "Sido" segna il culmine di questo "ritorno su se stessa" e insieme l'occasione per disegnare con una sola, magistrale linea il ritratto della persona che forse ha contato più di ogni altra nella vita di Colette: la madre. Sido era una donna di campagna, ricca di intelligenza e generosità, che stropicciava sempre fra le mani una foglia di verbena, e pensava a Parigi come a un astro lontano, di cui però conosceva non poco. La figlia, Colette era passata molto presto dalla sua campagna borgognona al 'demi-monde' della metropoli. E tutta la sua vita sarà in certo modo una lettera alla madre scritta dalla città. Ma solo nella piena maturità riesce a Colette, con "Sido", di dare forma immediata a questo rapporto, attraverso cui passava la linfa della sua arte, ed enunciare due domande che l'accompagnarono sempre: "Dove prendeva tanta autorità, tanta sostanza, lei che dal suo circondario non usciva neanche tre volte l'anno? Da dove veniva quel suo dono di definire, di penetrare, e la forma pontificale delle sue osservazioni?".
La biografia non autorizzata della madre di Colette e l'autobiografia della stessa Colette fino alla mutazione nella madre stessa.
La metamorfosi, la consapevolezza della similitudine e di una somiglianza carnale, materiale e spirituale fanno di questo ritratto in uno specchio rovescio, la perfezione di questa narratrice unica del panorama letterario contemporaneo.
Colette e Sido, Sido e Colette... meglio dire Sido e Gabrielle, Gabrielle e Sido, madre e figlia, figlia e madre nella compostezza, nell'umiltà delle loro radici e delle loro vite parallele.
Un assoluto gioiello da non perdere e consigliare.
Daniele Bertoni - 19/02/2005 11:21