Mai una materia in apparenza cosí macabra aveva dato origine a un libro cosí rigoroso, e al tempo stesso divertito, irriverente, perfino comico. Un libro che trasforma uno dei tabú della nostra epoca in un'occasione di riflessione storica e di grande attualità. Un libro incredibilmente vitale. ("New Yorker") Da duemila anni i cadaveri - volenti o nolenti - partecipano ai piú audaci progressi e alle imprese piú strane della scienza.
Devo dire che ho letto ''Stecchiti'' su consiglio di un noto quotidiano nazionale in cui, nella pagina della cultura era apparsa un'interessantissima e coinvolgente recensione - riportata quasi integralmente nel rotocalco settimanale del quotidiano stesso. Devo dire, però, che non sono rimasto poi così entusiasta alla fine della lettura: a parte alcuni capitoli interessanti - vedi l'uso dei cadaveri nei crash test o lo studio del cervello dopo la decapitazione, spesso l'autrice indulge, attraverso battute - talvolta fuori luogo - espressioni non molto rispettose dell'evento e a volte pagine e pagine fini a se stesse - come un capitolo/filippica sulla crocifissione e un capitolo/velato elogio alla plastinazione dei cadaveri - indulge, dicevo, ad un leggero macabro, ad un soft-horror (che neologismo orribile, chiedo scusa!) che vanifica quel tono ''divertito, irriverente, perfino comico'' tanto decantato nella presentazione del testo. Fossi stato io l'autore avrei tolto del tutto il capitolo sulla putrefazione dei corpi, con la descrizione dettagliata delle larve di zanzara che colonizzano la pancia del cadavere... Meglio fare antropologia culturale, secca ed asettica, che una via di mezzo che puzza (scusate la parola, non volevo suscitare umorismo da quattro palanche) non di evento culturale, ma solo di mezzo per fare tanti soldi. Ma forse gli americani (un anno in classifica nel New York Times) si divertono così...
alessandro - 12/11/2005 18:30
Devo dire che ho letto ''Stecchiti'' su consiglio di un noto quotidiano nazionale in cui, nella pagina della cultura era apparsa un'interessantissima e coinvolgente recensione - riportata quasi integralmente nel rotocalco settimanale del quotidiano stesso. Devo dire, però, che non sono rimasto poi così entusiasta alla fine della lettura: a parte alcuni capitoli interessanti - vedi l'uso dei cadaveri nei crash test o lo studio del cervello dopo la decapitazione, spesso l'autrice indulge, attraverso battute - talvolta fuori luogo - espressioni non molto rispettose dell'evento e a volte pagine e pagine fini a se stesse - come un capitolo/filippica sulla crocifissione e un capitolo/velato elogio alla plastinazione dei cadaveri - indulge, dicevo, ad un leggero macabro, ad un soft-horror (che neologismo orribile, chiedo scusa!) che vanifica quel tono ''divertito, irriverente, perfino comico'' tanto decantato nella presentazione del testo. Fossi stato io l'autore avrei tolto del tutto il capitolo sulla putrefazione dei corpi, con la descrizione dettagliata delle larve di zanzara che colonizzano la pancia del cadavere... Meglio fare antropologia culturale, secca ed asettica, che una via di mezzo che puzza (scusate la parola, non volevo suscitare umorismo da quattro palanche) non di evento culturale, ma solo di mezzo per fare tanti soldi. Ma forse gli americani (un anno in classifica nel New York Times) si divertono così...