3 agosto 2010. Tornata a casa dopo il funerale del padre, Lison si vede consegnare un pacco, un regalo post mortem del defunto genitore: è un curioso diario del corpo che lui ha tenuto dall'età di dodici anni fino agli ultimi giorni della sua vita. Al centro di queste pagine regna, con tutta la sua fisicità, il corpo dell'io narrante che ci accompagna nel mondo, facendocelo scoprire attraverso i sensi: la voce stridula della madre anaffettiva, l'odore dell'amata tata Violette, il sapore del caffè di cicoria degli anni di guerra, il profumo asprigno della merenda povera a base di pane e mosto d'uva. Giorno dopo giorno, con poche righe asciutte o ampie frasi a coprire svariate pagine, il narratore ci racconta un viaggio straordinario, il viaggio di una vita, con tutte le sue strepitose scoperte, con le sue grandezze e le sue miserie: orgasmi potenti come eruzioni vulcaniche e dolori brucianti, muscoli felici per una lunga camminata attraverso Parigi e denti che fanno male, evacuazioni difficili e meravigliose avventure del sonno. Con la curiosità e la tenerezza del suo sguardo attento, con l'amore pudico con cui sempre osserva gli uomini, Pennac trova qui le parole giuste per raccontare la sola storia che ci fa davvero tutti uguali: grandiose e vulnerabili creature umane.
La nostra recensione
Storia, diario (il titolo originale è Journal d'un corps) o romanzo di un corpo? Non la forma (diaristica, in effetti) è importante ma il contenuto: quel corpo che non è tanto oggetto di osservazione quanto autentica sorgente di emozioni, sensazioni, sentimenti e gesti che nel corso della vita 'arredano' il mondo intorno a noi. Sul corpo del protagonista si sedimentano gli strati dell'età, dei pensieri, delle esperienze fino alla percezione fisica del dissolvimento, perché quando hai tenuto per tutta la vita un diario del corpo, un'agonia non puoi certo negartela. Daniel Pennac ha osato molto con questo romanzo coraggioso, non intimo in senso stretto, perché il corpo è la parte più esposta e pubblica di noi e quella che meglio conserva la memoria del tempo e ne registra i cambiamenti. Una prova audace, che ha un precedente illustre nel Journal intime di Raymond Queneau e che, rispetto al capolavoro del maestro dello sperimentalismo, riflette la consapevoleza di una maturità piena e libera. Il corpo è vissuto come trasformazione, dolore, piacere, paura, frontiera, muscoli e umori. Un personaggio così vivo tra le mani di Pennac tocca punte di improvvisa e avvolgente commozione, slanci di ironico compiacimento, oppure sedute di dolente riflessione, di analitica sopportazione del mondo esterno. Tutto risolto all'interno della famiglia, quella d'orgine, a partire dalla quale il protagonista 'protende' il proprio corpo, e la sua che diventa legame, continuità di trasmissione dell'amore e del dolore. Non appare affatto strano quindi che le parti più intense del libro siano quelle che registrano l'infanzia e la maturità del narratore, cioè la crescita e il decadimento, le fasi in cui il corpo ha più urgenza di raccontare. Antonio Strepparola