Negli anni della Russia prerivoluzionaria, un orfano, un ragazzo che oggi sarebbe automatico definire almeno parzialmente "disadattato", dalla campagna si trasferisce in città (Mosca) da uno zio. E qui entra in contatto con l'ambiente dei rivoluzionari. Straordinaria la rappresentazione dell'evoluzione psicologica e affettiva che lo porta a trovarsi nel campo avverso, a diventare un infiltrato, un informatore della polizia. Come pure straordinaria la rappresentazione di una Mosca mai descritta così sordida nei suoi interni: bottegucce miserande, abitazioni gelide, uffici e commissariati squallidi. E anche i rivoluzionari sono presentati con toni non certo eroici e mitizzanti: figure di poco rilievo, come pure di poco rilievo sono i loro oppositori, "spie" avide e pavide. Viene da chiedersi se non è proprio questa assenza di retorica rivoluzionaria che ha reso questo libro un oggetto misterioso, quasi oscurato dalla critica ufficiale che di Gorkij ha sempre preferito esaltare le opere più "ortodosse".