"Ultima prova di Shakespeare nel genere tragico - spiega Agostino Lombardo nella sua prefazione - il Timone d'Atene è anche il più impietoso momento della sua riflessione intorno alla grande crisi ideologica e sociale che tra Cinquecento e Seicento accompagna, in Inghilterra, la nascita dell'uomo moderno. Più ancora che nel "Re Lear", nell'"Otello" o in altri drammi contemporanei - quali "Antonio e Cleopatra" o "Coriolano" - la realtà che qui prende forma scenica è una realtà negativa, un deserto dell'anima e del cuore, dove solo domina, immobile e inattaccabile mostro, il dio dell'oro".