A Pirocha, come in tutta l'isola di Degnasàr e come nell'intero pianeta, non piove più da molti mesi. I pozzi gorgogliano ultimi lamenti, i fiumi espongono scheletri di sassi bianchi, i mari iniziano ad evaporare. In questo mondo riarso la vita resta sospesa sotto un sole implacabile. Persino Filò, prostituta-intellettuale di Pirocha, che su questo Dio distratto e sordo alle suppliche ha maturato una teoria tutta sua, resta senza lavoro. Poi, un giorno, la pioggia spezza la maledizione. Un'euforia matta prende tutti, restituiti alla vita. Però è un preludio di diluvio: peggio dello scampato deserto. Cinque donne, le prescelte visitate dal colombaccio messaggero, Filò in testa, attraverseranno lo sconquasso, temendo l'ultimo inverno del mondo, per trovare rifugio nel monastero cistercense di Taladdari, abbandonato e solitario sulla montagna, ma già covo di banditi sanguinari. Attenderanno una primavera che fiorisca dal fango, e sarà forse un'altra infanzia del mondo. Con un problema: la procreazione della specie, e chissà se a valle non si trovi una possibilità: un Adamo sopravvissuto al cataclisma.
A Pirocha, nell'isola di Degnasàr, così come in tutto il mondo, una grande siccità inesorabilmente brucia la natura e consuma ogni passione negli animi umani. Improvvisamente arriva una pioggia risanatrice che sembra far rifermentare gli ardori e rifiorire una vitalità che si era staticizzata in un'agonia che appariva infinita. Ma la Terra e i suoi abitanti devono essere purificati dal Male e la Natura o Dio stesso trasformano quell'acqua, inizialmente provvidenziale, in un vero e proprio diluvio la cui azione devastante e incontrastabile tutto e tutti distruggerà. Solo cinque donne, ognuna con la propria storia sulle spalle, avvertite dalla visitazione del colombaccio messaggero, saranno le prescelte che usciranno indenni da quella terribile Apocalisse. Trovato rifugio nell'antico monastero di Taladdari, arroccato su un'impervia montagna, esse si nutriranno della speranza di una rinnovata primavera e vedranno crescere l'angoscia e l'inquietudine della fine della specie. Nell'unico uomo esistente, riportato in vita dalla fangosa terra liquefatta dall'acqua, riporranno la loro fede nel concepimento di un "salvatore del mondo". Criccheddu, ultimo Adamo, rozzo bandito abbandonato da piccolo e svezzato dalle capre, che imparò prima a belare che a parlare, alla perpetua ricerca della propria madre e della propria identità, sarà in grado di mutare con il suo seme il destino degli uomini? O la Terra continuerà a dirigersi crudelmente verso il grande freddo del suo ultimo inverno?
Una storia aspra, crudelmente viscerale, incatenata ad una natura vestita di violenza e di forti contrasti, una storia che non regala neanche uno spicchio di futura prospettiva dove la morte, dopo aver attraversato quella sorta di brodo primordiale, prende il sopravvento lasciando cadere intorno a sé i salvifici brandelli di una creazione, di una annunciazione e di una resurrezione inutili e che con ateistica visione condurranno alla vittoria del Male incastonandola in un estremo ed eterno gelo.
Maristella - 17/11/2007 08:02