Due anni imprecisati della prima decade del ventunesimo secolo. Una città, Paneròpoli, evidente alter ego di Milano (la città della panèra, del formaggio, come la chiamava non senza sprezzo Ugo Foscolo). Una folla di uomini e donne che vivono tante storie intrecciate - d'amore, di potere, di sesso - in una rete che costituisce la trama stessa del romanzo, come della loro vita. Diverse generazioni, ma una su tutte, quella dei cinquantenni, per la quale è suonata «la campana dell'ultimo round»; diversi ceti sociali; genitori e figli; linguaggi diversi. Tanti fili con i colori del dramma, della satira, del sentimento romantico e del grottesco che disegnano pagina dopo pagina un arazzo fitto di figure e colori che trova senso e fine, proprio come la vita, soltanto nella sua improvvisa e imprevista conclusione. Un romanzo di trama e di personaggi, ricco di fatti e di ritratti. Un romanzo fittissimo di riferimenti culturali, tra i più vari e diversi, dal rock'n'roll alla poesia romantica, dai manga alla pittura rinascimentale. Ma, anche, un romanzo di idee che a molti ricorderà le fitte strutture della letteratura francese dell'Ottocento, e ad altri, nel suo quadro straniato della vita contemporanea, gli ultimi amarissimi film di Robert Altman. Un romanzo - talvolta non facile e spiazzante sempre, sostenuto da un mirabile tour de force linguistico - che, comunque, non può lasciare indifferenti. Un romanzo che, lontano da ogni pensiero debole e linguaggio minimalista, sfida il lettore a misurarsi con quei valori «alti» - amore e morte, e l'arte, nelle loro varie declinazioni - che soli possono dare un senso alla vita.
La nostra recensione
Vanagloria di Hans Tuzzi è quello che una volta veniva definito un romanzo corale con molti personaggi che rappresentano uno spaccato generazionale di una certa Italia di oggi. L'Italia della medio e medio-alta borghesia in una città di fantasia, Paneropoli, che però ruba il nome a Ugo Foscolo che così chiamava Milano con un certo sprezzo in quanto città della "panera", del formaggio. Vanagloria è un romanzo di intrecci, di vite di corsa e di vite corsare che mirano a quelli che oggi vengono scambiati per beni validi da una società i cui rappresentanti definiscono con molta eleganza "sfigati" coloro che fanno le vacanze da soli, coloro che guadagnano meno di una certa somma mensile, coloro che non fanno le vacanze in barca. Il titolo riassume un po' questo aspetto, la vanagloria. La generazione più protagonista delle altre è quella di coloro che hanno appena o da poco compiuto i cinquanta per i quali, come dice un personaggio femminile, "è suonata la campana dell'ultimo round". In sostanza, come ha detto l'italianista Mario Barenghi "è un romanzo che ricorda certi acri sapori di critica illuminista e una volta di più in questo romanzo la borghesia italiana manca all'appello".
Valeria Merlini