Il Vangelo di Giuda costituisce il più importante ritrovamento del secolo scorso, dopo la straordinaria scoperta di un'intera biblioteca "gnostica" a Nag Hammadi, in alto Egitto, nel 1945. Di esso si aveva notizia dai più antichi eresiologi cristiani (Ireneo, Ps. Tertulliano); riportato alla luce nel 1978, dopo una serie di traversie che hanno finito col danneggiarlo gravemente, solo nel 2006 è stata annunciata la sua scoperta ed è stato poi pubblicato dalla National Geographic Society. Lo scritto è di un interesse straordinario per tanti ambiti di ricerca: origini cristiane, storia del cristianesimo, gnosticismo, filologia ed esegesi biblica, rapporti tra giudaismo e cristianesimo, teologia cristologica; ma soprattutto per l'immagine completamente diversa da quella tradizionale che assume in esso la figura di Giuda Iscariota.
Edizione critica di quel "Vangelo di Giuda" che, divulgato nel 2006 dalla National Geographic Society con una straordinaria campagna mediatica, è diventato il più popolare tra i vangeli apocrifi. La figura di Giuda è un archetipo della cultura occidentale, così la voglia di scandagliarne i recessi interpretativi non conoscerà mai fine. Ma in questo saggio viene smorzata da un apparato critico spesso prolisso e ridondante, che risente di uno stile troppo discorsivo: si sarebbe forse potuto "prosciugarlo" integrando meglio tra loro i numerosi paragrafi che sembrano composti in modo indipendente (con conseguente ripetizione di concetti). Detto e fatto questo, rimane interessante l'analisi del testo, il confronto tra le diverse possibili esegesi, condizionate anche dalle possibili restituzioni delle parti mancanti o controverse del codice originale. Ne emerge una figura di Giuda obliqua: baciata dalla verità tra gli uomini ma esclusa dal regno degli eletti. Forse eletta tra i mortali, ma pur sempre relegata tra coloro che sono manovrati "dalle "stelle". Illuminata da una "gnosi" che non è salvifica . Non ci sono chiare né la sua consapevolezza né la sua riflessione in questa condizione limbica. E questo ci costringe compulsivamente a congetturare.
Dario Bottos - 28/05/2013 08:41