In questo romanzo Helga M. Novak ricostruisce un momento cruciale della sua vita, rilasciando anche una testimonianza preziosa della storia della sua generazione e del suo paese, l'allora giovane Repubblica Democratica Tedesca. Sono i tre anni del liceo - dal 1951 al 1954 - in cui l'autrice partecipò a un'esperienza politica di avanguardia: la formazione dei futuri quadri del Partito comunista, dei dirigenti del nuovo stato socialista da erigere sulle ceneri del nazifascismo. Assumendo nella rievocazione la prospettiva della protagonista adolescente, la scrittura della Novak si carica di tutta la potenza del coinvolgimento emotivo e ideale dei giovani pionieri: dall'entusiasmo con cui s'impegnano nei dibattiti, nel lavoro nei campi e nelle fabbriche, nelle esercitazioni paramilitari, ai drammatici dubbi provocati dagli eventi politici interni e internazionali - la fuga in massa dalla RDT, la guerra in Corea, la corsa agli armamenti, il titoismo -, alla rabbia impotente dinanzi all'ottuso manicheismo delle spiegazioni ufficiali. Ma sono soprattutto le dimostrazioni di intolleranza, le menzogne e i soprusi di cui è testimone entro le mura del collegio a maturare nella protagonista la dolorosa presa di coscienza delle contraddizioni tra le parole d'ordine libertarie e la prassi totalitaria del partito. Con un titolo che riprende il primo verso di un antico indovinello tedesco, "Volava un uccello - senza piume" ripropone l'antico enigma del potere. Nella stessa tessitura testuale, nell'intercalare delle citazioni di testi storici del marxismo e del comunismo utopistico, giornali, leggi, slogan e discorsi ufficiali, ai brani autobiografici narrativi e lirici, la Novak svela come il linguaggio del potere si fondi sulla manipolazione della parola, ma dimostra al contempo come la parola, quale espressione più autentica dei bisogni e desideri del soggetto, sia la via regia della sua emancipazione.