In questo libro ci sono un sacco di cose (alcol, droghe, suicidi, un'adolescenza terribile, la crescente ingiustizia sociale che sta devastando gli Stati Uniti), ma al centro di questa favola autobiografica, priva di sentimentalismi, c'è l'incontro casuale tra Nick e suo padre Jonathan. Nick lo incrocia per la prima volta a 27 anni, mentre lavora come volontario in una casa-rifugio per senzatetto di Boston. Per anni da ragazzo aveva ricevuto lettere da questo estraneo, sedicente poeta abituato a tirare avanti miseramente con mille piccole truffe e tra un periodo di carcere e l'altro. Anche Nick ha condotto una vita semiprecaria tra un peschereccio cadente e le rovine di un deposito trasformatosi in un fiorente centro per il consumo di crack e adesso si è ridotto a lavorare in un rifugio per senzatetto. Qui un giorno compare, barbone in mezzo ai barboni, Jonathan che ha perso un lavoro dopo l'altro, è sprofondato nell'alcolismo e si trascina per Boston all'interno di un universo tutto suo fatto di miseria e illusioni (i suoi presunti rapporti con Vonnegut e con Patricia Hearst; il suo misterioso Grande Romanzo Americano da finire ). Questo memoir racconta con una voce unica, ironica, ritmata, la storia di due vite e del destino che le ha portate a intrecciarsi in modo del tutto inatteso in un centro di accoglienza per gli emarginati di Boston. Una storia molto forte e struggente di due uomini alla deriva negli Usa di oggi, uomini che si cercano, si trovano, si perdono.