Le barzellette ebraiche, e meglio sarebbe dire storielle, parabole comiche o apologhi, contengono sempre un di più, un ulteriore possibile comprensione che le rende affascinanti anche a chi detesti il genere. E questo di più potrebbe essere anche motivo in qualche modo di presupponenza e di svisamento, come sembra indicare quel detto che asserisce che la barzelletta ebraica è quella cosa che gli ebrei conoscono già e gli altri non capiscono. Per fortuna, da Sigmund Freud a Woody Alien, da Groucho Marx a Moni Ovadia, la massima ha un'immediata smentita, anche se probabilmente contiene un suo germe di verità che nasce da una differenza. Che è sopratutto una provenienza: queste non sono barzellette sugli ebrei ma degli ebrei. Quindi non specchio deformante, irrisioni più o meno benevola, sguardo altrui sul diverso e alieno di cui si colga subito il lato debole, ma la risata anche crudele e impietosa che spesso le persone intelligenti hanno nei confronti di se stesse; nelle fattispecie una comicità che nasce da un sostrato comune, un patrimonio che la storia e le tradizioni hanno arricchito di personaggi, atmosfere e situazioni.