Nel pronto soccorso del Victoria infirmary di Glasgow, i medici hanno fretta. Ci sono malati di ogni genere, chi ha tempo di occuparsi dell'agonia di un barbone alcolizzato? Ma Eck Adamson continua a ripetere il nome dell'ispettore Jack Laidlaw, finché qualcuno si decide a dargli retta. Le ultime parole di Eck, così come il biglietto che mette in mano all'ispettore giunto al suo capezzale, sembrano il delirio di un moribondo, ma sono più che sufficienti per solleticare il fiuto investigativo e il senso di giustizia di Laidlaw, esacerbati dall'indifferenza generale. Mentre lui indaga su questa pista e sulla misteriosa scomparsa di uno studente universitario di nome Tony Veitch, un altro decesso provoca ben più clamore in città: un noto sicario della malavita è stato accoltellato, cosa che lascia presagire una lunga scia di vendette tra bande rivali e che spinge la polizia a concentrare tutti i propri sforzi su questo caso. Ma Laidlaw non ci sta. In una Glasgow di stretta osservanza calvinista, lui crede ancora nella sua religione laica, quella per cui l'unica strada verso la redenzione passa attraverso la giustizia e la cura per il prossimo, chiunque esso sia. Compresi gli ubriaconi senzatetto. Contro lo scetticismo di tutti, prosegue cocciutamente le sue indagini, finché la verità non verrà finalmente a galla.
La nostra recensione
Alcuni anni fa The Telegraph ha inserito William McIlvanney nel ristretto gruppo dei 50 giallisti (termine molto generico ed evasivo, in realtà) da leggere assolutamente prima di morire. Stranamente, però, in Italia lo scrittore scozzese è rimasto semisconosciuto insieme al protagonista di alcuni dei suoi libri, l’ispettore della polizia di Glasgow Jack Laidlaw. Per fortuna, la riproposta dei suoi romanzi con una nuova vigorosa traduzione (non si riconoscono mai abbastanza i meriti dei traduttori italiani, qui il bravissimo Alfredo Colitto) va a colmare questa lacuna, mettendo a disposizione del grande pubblico la trilogia di romanzi con protagonista Jack Laidlaw (questo è il secondo, ma non dovete perdere assolutamente il primo, Come cerchi nell’acqua), usciti tra 1977 e 1991. Due sono gli elementi principali da evidenziare in questa serrata e avvincente seconda indagine di Laidlaw, Il caso Tony Veitch. Innanzitutto, la figura dell’ispettore, il cui cognome (laid, participio passato di to lay, “stendere” e law, “legge”) mostra già tutto il suo carattere di poliziotto senza scrupoli, che obbedisce a una sola regola (portare a termine l’indagine) e che è disposto a “piegare la legge” ai propri obiettivi per fare giustizia, soprattutto se chi ne ha bisogno sono emarginati e “perdenti”; tutto il resto è contorno, nient’altro che superficiale rispetto delle gerarchie e dei sistemi. In secondo luogo, la trama, articolata, corale, con una presenza massiccia di personaggi della malavita e dei bassifondi ben caratterizzati e, direi, perfettamente in ruolo, la cui presenza e la cui azione non scadono mai in caricatura. Un meccanismo efficace e coinvolgente che oltretutto è sorretto da una scrittura di notevole levatura letteraria; e non è un caso che per i romanzi di McIlvanney la critica abbia sovente usato l’espressione “literary crime fiction”, per sottolinearne sì il carattere poliziesco e l’intreccio criminale, ma cercando di mettere in evidenza anche il valore letterario di McIlvanney che non sfigura affatto se accostato a Chandler, a Simenon, persino a Dürrenmatt, per certe atmosfere e descrizioni che sa evocare nei suoi libri. Antonio Strepparola