Brillante protagonista del giornalismo antifascista, Giovanni Ansaldo non era sfuggito alle elezioni del regime, che nel 1926-27 lo aveva spedito al confino di polizia. Tornato in libertà, Ansaldo negli anni seguenti depose a uno a uno gli aculei dell'oppositore e con una "sterzata lenta" e accortamente condotta fece il suo ingresso, dalla porta principale, nel giornalismo fascista: nel 1937 fu chiamato da Costanzo Ciano alla direzione del "Telegrafo", e divenne il giornalista di fiducia e il confidente di Galeazzo Ciano, genero di Mussolini e ministro degli Esteri. Ansaldo fu il giornalista di regime, ma allo stesso modo in cui era stato antifascista: con la riserva mentale di chi non si dà mai per intero. Questi nuovi diari, che vedono la luce dopo le memorie del carcere e del confino e il diario dell'internamento in Germania (1944-45), hanno per oggetto un decennio (1932-1943) in cui Ansaldo osserva e annota, prima dall'esterno e poi dall'interno, la cronaca grande e minuta dell'Italia fascista. Pagina dopo pagina, egli compone un repertorio formidabile: istantanee di protagonisti e di comparse, commenti spregiudicati, aneddoti e pettegolezzi, scemenze dei giornali. Confessato solo a sé e alla propria intelligenza scettica, è un ritratto spietato del fascismo, una poco onorevole foto di gruppo del regime e della sua classe dirigente.