"Dashiell Hammett - scriveva il suo discepolo Chandler nella "Semplice arte del delitto" - restituì l'assassinio alle persone che lo commettono per delle ragioni, non per fornire un cadavere, e con i mezzi a portata di mano, ma con pistole intarsiate, curaro e veleni tropicali. Egli mise sulla carta queste persone come sono". In realtà è difficile dire che Hammett, il fondatore dell'"Hard boiled school", seguisse un preciso realismo: i suoi criminali sono gangster che battono la metropoli e non geni solitari che abitano magioni brumose; i suoi detective percorrono labirinti di strade e non dedali mentali tratti da testi di filosofi; ma non per questo è più probabile incontrarli nelle pagine della cronaca nera. Semmai Hammett immette nel genere poliziesco una pedagogia che mancava alla letteratura d'evasione: l'occhio critico, un inappagato desiderio di giustizia e di purezza, e ne sigla con questo il passaggio dalla separatezza alla letteratura maggiore. "La ragazza dagli occhi d'argento" è bella, maliosa, astuta, capace di doppie esistenze; se dietro di sé lascia una scia di cadaveri è per volgare sete di denaro, non perché appartenga al male metafisico, per l'ambizione inestinguibile di chi è stato povero. E' un anti-"dark lady". E il detective che la stringe e infine la cattura è abbastanza sciatto e privo di immaginazione da non cadere innamorato di lei. Dopo tornerà al suo whisky e alla sua stanza fumosa, perché questo mondo è tutto indifferentemente brutto.