In Michael Kohlhaas, "il più bello, il più significativo tipo d'esageratore che Kleist abbia creato, l'uomo che, portandole all'eccesso, spinge alla distruzione le sue energie più alte, la dirittura a testardaggine, il senso della legalità a prepotenza" (Stefan Zweig), la maniacale volontà di assoluto che accomuna tutti i personaggi kleistiani assume la forma dell'assoluto della giustizia, che si scontra e si incrina nella realtà di un mondo in cui per l'assoluto non c'è posto. Kleist non si domanda che cosa sia la giustizia: ciò che lo interessa è il bisogno esistenziale della fiducia nell'altro, e quando questa viene tradita, l'unica residua comunità per l'individuo è quella con se stesso.