Questo volume è un cardine nella riflessione filosofica di Jankélévitch ed è emblematica del suo modo di fare filosofia. Una filosofia che cerca di pensare il mutevole, l'ineffabile che non è l'effimero, inseguendolo in tutti i suoi infiniti meandri e nelle innumerevoli forme che via via va assumendo. "Il non-so-che non è qualcosa, e sotto questo aspetto non è propriamente niente, nel senso copulativo del verbo "essere"; dato che non è né questo né quello e rifiuta, come il Dio della teologia negativa, ogni predicazione [...] si può appena dire che [...] fa essere senza essere". Altrimenti detto: il mondo ogni mondo - è il prodotto di una sorta di movimento vibratorio che si produce fra uno sfondo mai afferrabile e l'effettività che sempre siamo, è il prodotto di questo equilibrio instabile in bilico perenne all'interno di un essere che è letteralmente sospeso sul non-essere, e che perciò si rivela propriamente come un quasi-niente. Un imponderabile punto di tangenza fra presenza e assenza, vita e morte: istante sospeso sul nulla. Quasi-niente, appunto.