E' un mattino di novembre. Nella sala di uno dei più prestigiosi college di Oxford, centinaia di persone aspettano l'inizio di una conferenza. Dopo qualche minuto entrano - nel silenzio generale - decine e decine di pecore. Bianche, lanose, ordinate, moderatamente belanti. Le guida Filippo Cantirami, giovane economista italiano, che come nulla fosse comincia il suo intervento sulla crisi dei mercati. Inizia così il nuovo romanzo di Paola Mastrocola. Quella incredibile invasione di pecore getterà nel caos i genitori Cantirami, convinti che il figlio modello sia a Stanford a finire un dottorato, e che si ritrovano all'improvviso spiazzati e in ansia. Cosa combina Fil, dov'è finito, chi è veramente? E chi è quel suo compagno Jeremy con il quale ha stretto un patto, che cosa si sono scambiati i due ragazzi, qual è il loro segreto? Fil sembra sparito nel nulla, perduto in un mistero. Imprendibile. E intanto, sullo sfondo, la crisi dei nostri giorni. Ma raccontata da lontano, come guardando il presente dal futuro, tra una cinquantina d'anni. Filippo Cantirami, il giovane rivoluzionario della Mastrocola, è un ragazzo privilegiato, un personaggio scomodo, di questi tempi: eppure è lui - in virtù dei suoi pensieri, dei suoi silenzi, dei suoi gesti e delle sue scelte - che pagina dopo pagina ci apre al sogno di una vita diversa. Un sogno che ci porta a riflettere sull'idea di tempo e sulla possibilità di metterla in discussione, di ripensarla.
La nostra recensione
Inventarsi una vita per scomparire, fingere per continuare a dimostrare agli altri di essere esattamente come loro si aspettano, mentre invece... Quanti esempi letterari abbiamo, prima di Filippo Cantirami, in romanzi memorabili: Il fu Mattia Pascal è solo il più noto, forse. E qualcosa di pirandelliano c’è in questo romanzo di Paola Mastrocola, conferma di un talento narrativo originale ed elegante. La finzione deve avere una strategia, una trama, e quindi è perfetta per un romanzo, che diventa così finzione di finzione, maschera di una realtà a sua volta immaginata. Per essere tranquilli e per aggirare i dissidi bisogna rinuciare alla verità, questo è il prezzo che Fil deve pagare per la sua salvezza: rinunciare a essere sé stesso. Quella di Fil è la metafora di una de-crescita, di una de-formazione: dopo l’assillante, continuo, ossessivo perfezionarsi, imparare, studiare per corrispondere alle aspettative di altri, esplode la crisi e affiora il desiderio di tenersi fuori da quel global dream che sembra una scelta obbligata, per diventare invisibile, irraggiungibile, disconnesso. Ovviamente nel romanzo c’è un chiaro riferimento alla crisi globale di questi anni ansiosi; il pretesto, lo spunto, in fondo, è proprio questo. Ma è un punto di partenza che permette a Paola Mastrocola di allargarsi a esplorare, con quel suo tratto ironico e immediato, diretto e vivace, le relazioni che pensiamo di dominare (padri-madri-figli-amici) e che invece sono spesso sfilacciate e mascherate; non ne sappiamo proprio niente, illudendoci del contrario. Un romanzo spiazzante e non solo all’inizio - l’ingresso di Fil al Balliol College con gregge di pecore al seguito -; tutto il romanzo è un susseguirsi costante di punti di vista spiazzanti (dei genitori, della zia Giu, della fidanzata no global Fiona, dell’amico e sodale Jeremy) che compongono un quadro, il quadro della vita di Fil, quel quadro che lui vorrebbe tanto dipingersi da sé. Antonio Strepparola