Roma, inizi di marzo del 44 avanti Cristo. Caio Giulio Cesare, il dittatore perpetuo, è un uomo stanco e malato, incapace di reggere sulle spalle il peso di un potere immenso. I tempi e la logica politica della congiura definitiva incalzano implacabili. I presagi si compiranno, le Idi di marzo deflagreranno e il mondo non sarà più lo stesso. Valerio Massimo Manfredi dipana con maestria i fili che si aggrovigliano intorno a uno degli snodi cruciali della storia dell'umanità, riportandone alla luce tutta la complessità politica e la profondità psicologica, nonché la potenza drammatica. Sullo sfondo della Roma più bella, mai ricostruita con tanta vivida nitidezza e precisione topografica e alla presenza di coprotagonisti dalla colossale statura storica e tragica - Marco Junio Bruto, Cassio Longino, Marco Antonio, Marco Tullio Cicerone, Cleopatra -, Manfredi ci regala un thriller politico incalzante, un memorabile ritratto di Giulio Cesare e un'attualissima riflessione sul tema del potere e della democrazia.
È un romanzo piuttosto breve ma ha una sua profondità.
La trama è abbastanza intricata, forse anche troppo, non ci si perde mai però lautore avrebbe potuto essere più... incentrato. Lintera storia di Publio Sestio, ad esempio, è improbabile quanto superflua, del tutto inutile ai fini veri della trama.
Tutto sommato però è interessante, con un finale evocativo e molto apprezzabile.
Ovviamente la figura di Giulio Cesare domina la scena. Lautore lo fa apparire un uomo stanco, stremato dalla vita e dalle fatiche, ma che a mio giudizio mantiene sempre una certa forza.
Paragonandolo a un altro romanzo che tratta lo stesso argomento, Gli ultimi giorni di Giulio Cesare di Luca Canali, il lavoro di Manfredi mi è parso meno aulico, inferiore da un punto di vista storico e tecnico, però molto più intrigante.
Tuttavia rimane un libro da poco, medio. Gli darei un voto intermedio tra tre e quattro stelle. Vista lenorme pubblicità fatta allepoca mi aspettavo di meglio.
Alessandro - 16/09/2018 22:46