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Che cosa lasciamo, quando lasciamo qualcuno? Una casa, una famiglia, il passato, un'idea di futuro, la nostra peggiore fotografia impressa a fuoco negli occhi di chi abbiamo amato. Passiamo la vita a spaccare vasi e incollare cocci illudendoci di essere nuovi di zecca. E cerchiamo di non guardare troppo indietro, perché il tempo dei bilanci è un tempo vano, ridicolo e struggente. Domenico Starnone ha scritto un libro intensissimo e vero. Il racconto a tre voci delle forze sotterranee che tengono in vita i matrimoni anche dopo l'amore.

«Se tu te ne sei scordato, egregio signore, te lo ricordo io: sono tua moglie». Si apre cosí la lettera che Vanda scrive al marito che se n'è andato di casa, lasciandola in preda a una tempesta di rabbia impotente e domande che non trovano risposta. Si sono sposati giovani all'inizio degli anni Sessanta, per desiderio di indipendenza, ma poi attorno a loro il mondo è cambiato, e ritrovarsi a trent'anni con una famiglia a carico è diventato un segno di arretratezza piú che di autonomia. Perciò adesso lui se ne sta a Roma, innamorato della grazia lieve di una sconosciuta con cui i giorni sono sempre gioiosi, e lei a Napoli con i figli, a misurare l'estensione del silenzio e il crescere dell'estraneità. Che cosa siamo disposti a sacrificare, pur di non sentirci in trappola? E che cosa perdiamo, quando scegliamo di tornare sui nostri passi? Perché niente è piú radicale dell'abbandono, ma niente è piú tenace di quei lacci invisibili che legano le persone le une alle altre. E a volte basta un gesto minimo per far riaffiorare quello che abbiamo provato a mettere da parte. Domenico Starnone ci regala una storia emozionante e fortissima, il racconto magistrale di una fuga, di un ritorno, di tutti i fallimenti, quelli che ci sembrano insuperabili e quelli che ci fanno compagnia per una vita intera.

La nostra recensione

La famiglia è un luogo affettivo molto frequentato dalla letteratura degli ultimi due secoli. Anche negli ultimi anni - in tempi di crisi di valori, affetti e lavoro - si presenta spesso sulla scena narrativa, non solo italiana. Forse perché la famiglia offre un punto di vista privilegiato per raccontare il mondo e la società d’oggi, una proiezione di noi individui negli altri, a cominciare appunto da chi ci vive accanto. Nelle sue dinamiche diventa il luogo per eccellenza del cambiamento, della deriva degli affetti come dell’esplosione del piacere e della gioia. Ed è proprio una famiglia “tipica” quella con cui si misura (e a cui prende le misure) Domenico Starnone nel suo ultimo folgorante romanzo. Lacci è un titolo dalla metafora nemmeno troppo nascosta, seppur esplicitamente riferito a un tenero episodio infantile, esperienza propria di tutte le famiglie quando i figli imparano finalmente ad allacciarsi le scarpe. Ma è un titolo che nella sua crudezza raccoglie dentro di sé anche la tortura e la desolazione quando la famiglia diventa uno spazio soffocante e accerchiante. In un gioco simultaneo di legami ambivalenti, dove il fallimento si abbraccia al tradimento e alla distruzione della fiducia e del senso di protezione, la storia decennale di Vanda, Aldo e dei loro figli non mostra solo la trama di un matrimonio, ma illumina anche il fondo cieco della famiglia, quello in cui si depositano per anni aspirazioni e frustrazioni, speranze e delusioni, che esplodono nella coppia e i cui frammenti incontrollati finiscono sui figli. Ecco allora che i tre punti di vista di questo romanzo - quello di Vanda abbandonata, quello di Aldo che fugge e ritorna, quello dei figli che si domandano e ricordano - riflette in tutte le sue sfaccettature lo specchio di un cambiamento lento e profondo, tormentato e spietato, perché la ricongiunzione, in fondo, può fare molto più male dello strappo.
Antonio Strepparola

Dettagli down

Generi Romanzi e Letterature » Romanzi contemporanei

Editore Einaudi

Formato Ebook con Adobe DRM

Pubblicato 14/10/2014

Lingua Italiano

EAN-13 9788858416501

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