L'incerta storia della chimica, in Italia, sembra destinata a svolgersi fra ricostruzioni celebrative di singole imprese e atti di denuncia di eventi catastrofici (Seveso, Farmoplant ... ). Questa storia secolare dello stabilimento Caffaro di Brescia (ora gruppo Snia) tenta un percorso nuovo: una ricostruzione rigorosa e puntigliosamente documentata delle sue produzioni, del rapporto con la città che generosamente l'ha ospitata e che con essa è cresciuta, delle condizioni sociali degli uomini e delle donne che in essa hanno lavorato e con essa hanno convissuto. Una storia carica di inventiva industriale, che tuttavia si dipana di fronte al lettore, spesso, con il ritmo e lo stile di un grande romanzo. Sulla scena, tra l'altro, agiscono i principali protagonisti del secolo appena trascorso: la Tecnica, innanzitutto, con le sue due anime inscindibili, la Scienza (e qui è in campo quella più innovativa, protesa ad emulare l'opera creatrice di Dio, la chimica) ed il Capitalismo (quello aggressivo della Milano capitale economica del Paese); il Territorio, nelle sue componenti storiche, culturali (le popolazioni locali con le loro tradizioni e modi di vita, i gruppi dirigenti da esse espressi, gli operai e le loro organizzazioni) e naturali (la Natura, infatti, anche se rimossa nella coscienza degli uomini, è stata attrice di primo piano, spesso suo malgrado, di questa e di tutte le storie della modernizzazione industriale); infine il Progresso, una sorta di 'deus ex machina' che ha ispirato e mosso l'azione qui ricostruita, per molti versi emblematica dell'intero Novecento. Ma il grande romanzo si trasforma in un "noir", come direbbero i francesi, o se vogliamo in "romanzo giallo", come dicono gli italiani. I gialli più accattivanti raccontano di crimini sapientemente occultati, in cui la "morte per caso" sopravviene dopo un lentissimo, impercettibile, ma ineluttabile avvelenamento. E nessuno se ne accorge finché... Dalla produzione del cloro in questo secolo [...]