Dentro a un affresco superbo ove sono descritti i colori delle terre brune arate, delle messi d'oro o ranciate di grano e di mais, delle viti nere pompose di pampani frastagliati e grappoli appesi profumati di clinto, dei filari di pioppi che crosciano e di salici ornati di pallido argento; tra fossi scóli canali vividi d'acque dense lucenti si svolge la vita intensa operosa d'un popolo forte paziente che vive tra Adige e Po, vive giorni scanditi dal variare delle stagioni e dai ritmi antichi dettati dalla natura di lavori intensi e opere accorte pazienti. Popolo ferito sconvolto da un fatto accaduto l'ultimo giorno di guerra nel 1945. Quando furono passati per le armi ragazzi giovani vecchi, tutti innocenti. Delitto consumato proprio l'ultima notte di guerra. E non fu colpa dei tedeschi in fuga, non fu colpa dei partigiani nascosti; fu solamente colpa della guerra. Perché la guerra è guerra. E sono morti ammazzati tanti innocenti.
"In questo libro la parola scritta si fa parlata, diviene suono, tanto è l'orrore che descrive, ha bisogno di un coinvolgimento più vasto, vuole un palcoscenico in cui gli attori si mostrino e tutto possa essere percepito nei minimi particolari con ogni senso: la vista, l'udito, il tatto, l'odorato, il gusto. L'incredulità, la sofferenza, la paura, il sudore, il terrore, la lacerazione delle carni, la morte, l'infamia hanno un odore e un gusto acre, repulsivo". Dalla prefazione di Sergia Jessi Ferro.