Bangladesh, 1984. Maya preme il viso contro il finestrino del vecchio treno sbuffante. Il binario della stazione di Dacca è invaso dalle urla dei ragazzini che vendono bibite fresche. Sono passati otto anni dalla fine della guerra d'indipendenza dal Pakistan. Otto anni in cui Maya ha lottato per la sua terra, salvando centinaia di vite in un piccolo ospedale di campagna. Adesso il paese è dominato dalla dittatura, la parola d'ordine è dimenticare: tutti fingono che niente sia successo e che il sangue di migliaia di vittime innocenti non abbia impregnato la polvere delle strade. Eppure Maya non riesce a dimenticare l'odore della rabbia e dei libri incendiati. Adesso che sua cognata è morta è venuto il momento di tornare nella casa della sua infanzia. Quello è il suo posto, anche se tutto è diverso.
Sohail, suo fratello, è ormai un estraneo per lei. Ha bruciato tutti i libri tranne il Corano, è diventato un fanatico religioso e ha iniziato a predicare, seguito da folle di credenti che lo venerano come un sant'uomo, un musulmano esemplare. Ma dietro le sbarre della prigione spirituale che suo fratello ha costruito nella loro casa, Maya vede risplendere due enormi e tristi occhi grigi.
Sono quelli del piccolo Zaid, il figlio di Sohail, che cresce abbandonato a sé stesso, privo di cure, amore e di qualsiasi di tipo di educazione, proibite dal fanatismo religioso del padre. Per salvarlo, Maya deve trovare la forza di ribellarsi e tornare a lottare per una libertà che adesso sembra solo un ricordo troppo lontano.